lunedì 23 dicembre 2019

LA VITA E LA MORTE



La vita e la morte un giorno si accordarono per decidere chi fosse la più forte. "Vediamo chi riuscirà a dimostrare la propria superiorità" disse la morte sicura di trionfare. "Va bene - rispose la vita con calma - vediamo." Dentro una clinica, davanti al nido, le due compagne guardavano i neonati sgambettanti nelle culle. "Vedi - disse la vita - guarda quanti nuovi nati ti porto nel mondo, che meraviglia! Saresti capace tu di tanto?" La morte sorrise con una smorfia ironica e poi disse: "Andiamo in un cimitero e ti faccio vedere quanti me ne porto via. Anche questi pargoletti, chi prima e chi dopo, me li riprendo tutti." La vita non s'arrese. Portò la morte ad una festa di nozze. "Vedi quei due sposi? - disse indicando due giovani felici in mezzo ai commensali brindanti - tra poco quei due giovani metteranno al mondo un figlio, e hanno davanti a loro una vita lunga e ricca di felicità. E dopo il primo figlio ve ne saranno altri due. E anche loro metteranno al mondo altri figli, cosicché quei due sposi un giorno avranno una caterva di nipoti con cui giocheranno felici." La morte li guardò e poi disse col solito ghigno ironico: "Tutti me li riprenderò un giorno e te li porterò via. Sposi, figli e nipoti." La vita non si diede per vinta. "Ti batterò sempre sul tempo - disse piena di entusiasmo - perché mentre tu ne porti via uno altri cento ne farò venire al mondo, e altri cento ancora, e altri mille! Chi è dunque la più forte?" "Io, sempre io - asserì la morte - perché sono sempre io che ho l'ultima parola, non tu. Tu ti sforzi di portarne dieci, cento, mille, ma io tutti te li tolgo e li trascino a me per la vittoria finale." Allora la vita ebbe un'idea. Condusse la morte in una chiesa. "Vedi- disse compiaciuta - guarda quanta gente che prega." "Beh? - fece la morte sdegnosa - anche questi me li porterò via tutti, alcuni di loro stasera stessa." "È vero - convenne la vita - ma queste persone non hanno paura di te, perché sanno di poter vivere in eterno." La morte scoppiò in una risata fragorosa e isterica." Vivere in eterno! Ma che sciocchezze vai dicendo? L'ultima parola ce l'ho io, sempre io, nessuno potrà mai piegarmi. L'uomo ha potuto soltanto allungare la sua permanenza nel mondo rimandando l'appuntamento con me. Ma io so aspettare. Non ho fretta." "Mia cara sorella - disse la vita - perché sorella ti chiamò un grande Santo, io e te siamo vincenti e perdenti in egual misura, questa è la verità. Oltre me e te vi è qualcos'altro di molto più grande, immenso e incomparabile, davanti al quale sia io che te dobbiamo inginocchiarci. Davanti alla Sua maestà dobbiamo cedere il passo perché Egli governa il mondo e l'universo. Noi serviamo soltanto il mondo come ancelle della vita mortale e della natura. Ma Lui è l'eternità." Dopo aver ascoltato queste parole la morte sconfitta nell'orgoglio se ne andò in un silenzio pieno di rancore. La vita invece tornò serenamente al suo quotidiano e paziente lavoro al servizio del Signore.







Copyright ©Bruno Canale 2019

martedì 26 novembre 2019

LETTERA A UN NON CREDENTE




Caro fratello che non credi in Dio e ti fidi solo della ragione umana, quando dico che Cristo è la Verità non pretendo che tu creda alle mie parole, spero solo che tu creda alle parole di Colui che è venuto nel mondo per la nostra felicità. Dimmi, tu che invochi la forza della ragione trovi forse qualcosa di non ragionevole nelle parole di Cristo? Ti sembra irrazionale invitare gli uomini ad amarsi, esortare le creature ferite a praticare il perdono escludendo il pensiero della rivalsa e della vendetta? Quando gli scribi e i farisei provocavano Gesù con domande insidiose Egli dava sempre risposte precise, acute e illuminanti alle quali era impossibile replicare. Caro amico che non credi in Dio e tanto meno nel Suo Figlio unigenito, ti ricordo che gli unici ad accusare Gesù di essere un impostore erano coloro che lo odiavano. Prima ti ho chiesto di trovare qualcosa di insensato nelle Sue parole, adesso ti chiedo: “Trovi forse qualcosa di sbagliato in ciò che Egli predica?". Magari seguendo la logica del mondo troverai che Egli insegna cose folli e impraticabili, soprattutto quando invita ad amare chi ci odia, a benedire chi ci maledice e a perdonare ogni cattiva azione subita. Gesù di Nazareth è la prova che esiste una strada davvero nuova da percorrere, esiste qualcosa che su questa Terra non è stato ancora sperimentato. Lo scetticismo nei confronti della Fede cristiana e della divinità di Gesù nasconde l’incapacità o la scarsa volontà della maggior parte degli uomini di mettere in pratica le parole di un così sublime Maestro, la paura di intraprendere il nuovo cammino da Lui indicato. Grande e salvifico è l’amore che Egli predica. Seguire Gesù è difficilissimo per tutti, anche per coloro che già credono in Lui e lo amano. E questo fatto dimostra molte cose. Pensaci, mio caro amico.




Copyright© Bruno Canale 2019

domenica 10 novembre 2019

PIANTO PER L'EUROPA




Il 9 novembre appena trascorso abbiamo celebrato i trent'anni dall'abbattimento del muro di Berlino. Molte vite sono dovute cadere per far innalzare quel muro che ha spezzato in due non solo la dignità di un popolo, ma di un intero continente. Tante altre ne sono dovute cadere per poterlo abbattere. Ricordo che questo evento fu salutato con gioia e speranza dal popolo tedesco e da tutti i popoli europei. Fu interpretato come segno di svolta, di rinnovamento, di riscatto, al punto che l'immagine di un muro che divide le persone e che crolla sotto i colpi di uno spirito nuovo è diventata addirittura proverbiale. Ma è davvero tutt'oro quel che riluce? L'abbattimento del muro non è giunto del tutto inatteso. Esso è stato il preannuncio dell'imminente fine dell'impero sovietico. Quello che sarebbe stato impensabile qualche anno prima, in piena guerra fredda, è diventato realizzabile con la fine delle tensioni tra Est e Ovest. Dunque l'abbattimento del muro di Berlino non è stato uno spontaneo e naturale atto di ribellione contro l'ingiustizia di un mondo spaccato in due, non è stato frutto di un anelito collettivo di libertà ma solo la conseguenza di una trasformazione politica in atto. In realtà è stato l'occidente trionfante ad abbattere il muro per anticipare una vittoria che stava già maturando nelle stanze del potere. Ma che cosa è cambiato per gli europei? Devo dire che sono molto pessimista sulla tanto invocata unità del nostro martoriato continente, e adesso mi esprimerò con un linguaggio molto più schietto e severo. Gli europei si sono scannati per secoli. La loro ottusa consuetudine a farsi la guerra si perde davvero nella notte dei tempi. Non dimentichiamo che sono stati loro a provocare ben due catastrofiche guerre mondiali, ineguagliabili cataclismi bellici che hanno avuto il loro epicentro nel continente europeo prima di coinvolgere il resto del mondo. Abbiamo colonizzato buona parte dell'Africa e dell'Asia, e ancora prima abbiamo sterminato i popoli autoctoni del Sudamerica, lì dove oggi si parla spagnolo, una lingua europea. Nell'America del nord abbiamo falcidiato le tribù pellerossa confinandone i pochi superstiti in riserve come se fossero animali in estinzione. Oggi lì si parla inglese, una lingua europea. Insomma abbiamo rotto le scatole a mezzo mondo lasciando ovunque una scia di sangue e il suono dei nostri idiomi. Devo constatare che se gli europei non si fanno la guerra dal 1945 non è perché siano cresciuti, ma perché siamo controllati dalla presenza militare degli Stati Uniti. Sono sicuro che se domattina gli Stati Uniti dovessero annunciare di voler sciogliere la Nato e di togliere tutte le basi dall'Europa lasciandoci liberi di seguire il nostro destino, i motori dei carri armati e di tutta la macchina bellica europea comincerebbero a scaldarsi di nuovo. Ciò che è accaduto nella ex Jugoslavia dal 1991 accadrebbe in tutto il continente. Perché scoppiò la guerra in Jugoslavia? Perché la Jugoslavia era un Paese libero, non allineato, non più sotto l'influenza politica dell'Unione Sovietica e senza alcuna presenza militare da parte degli Stati Uniti. Dunque il nostro sfortunato e dannato continente è stato capace di far tuonare i cannoni perfino in tempo di pace. Oggi dobbiamo sì festeggiare la caduta di un muro che ha diviso i popoli per creare un recinto protettivo intorno all'orgoglio dei potenti, ma dobbiamo anche invocare maggiore consapevolezza, maturità, coscienza affinché ancora una volta si gridi con angoscia e con un residuo briciolo di speranza, in Europa e nel resto del mondo: "MAI PIÙ LA GUERRA!"









Copyright © Bruno Canale 2019 (Testo) 

lunedì 24 giugno 2019

UOMINI E ANIMALI



Quando ero bambino avevo una grande passione per il mondo degli animali. Leggevo libri sull'argomento, guardavo documentari televisivi e spesso mi facevo accompagnare da mio padre al giardino zoologico la domenica mattina. Ricordo che preferivo lo zoo al Luna-Park perché lì dentro, pur nella tristezza delle gabbie e dei recinti, mi sembrava tutto più vero, più vivo. Le rutilanti giostre del Luna-Park mi annoiavano, quel mondo di plastica e cartapesta non mi affascinava per niente. Con l'inizio dell'adolescenza vi fu un cambio di prospettiva. Cominciai a leggere racconti, romanzi, e un po' alla volta la creatura umana suscitò in me un interesse sempre maggiore rispetto agli animali. In realtà la parola "creatura" non la usavo ancora poiché non avevo ancora incontrato il Signore, ma l'essere umano cominciò ad affascinarmi, un po' per l'inevitabile identificazione personale, un po' per la complessità del suo animo che apriva nuovi e insospettabili orizzonti alle mie curiosità di adolescente. Diversi anni più tardi, dopo l'incontro con il Signore e la conseguente lettura della Bibbia, ho appreso che l'uomo è la creatura prediletta da Dio, l'unica creata a Sua immagine, e che il Signore ci ha insegnato che siamo superiori alle altre creature. Questo non per farci inorgoglire, ma per ricordarci le enormi responsabilità che abbiamo nei Suoi confronti. Ho notato che l'uomo ha sempre fatto riferimento al mondo animale per rappresentare comportamenti e sentimenti che gli sono propri. Già nelle favole morali di Esopo troviamo animali saggi e parlanti. Nel mondo dei fumetti appaiono animali che rispecchiano tutti i difetti e i pregi del comportamento umano. Topolino, la sublimazione dell'animale più inviso all'uomo, il topo, diviene un infallibile investigatore. Paperino è nella sua simpatia lo specchio dell'uomo perdente e perseguitato dalla malasorte e dal potere del capitalismo (zio Paperone) che lo sfrutta come uno schiavo. E poi nel cinema l'uomo ha proiettato nelle diverse specie animali le sue paure e forse anche la sua aggressività repressa. King Kong, un mostruoso e gigantesco gorilla che non ha eguali per dimensione ed irascibilità, incarna la furia vendicativa e pluriomicida di una natura che non si lascia addomesticare e semina panico e distruzione in una metropoli ultramoderna e fragile. E poi ancora la serie marittima dello "Squalo" che amputa arti agli inermi bagnanti, e ancora l'"Orca assassina", "Grizzly l'orso che uccide", "Tentacoli" che esalta le gesta di un polpo quasi mitologico, per non tacere degli "Uccelli" di Hitchcock che addirittura si organizzano in un insieme compatto e coeso, un vero e proprio esercito che mira all'annientamento dei poveri esseri umani (esattamente il contrario di quanto avviene nella realtà, dove è l'attività venatoria dell'uomo a fare strage di volatili). Ultimamente, leggendo i post pubblicati dagli utenti dei social, si riscontra un esasperato amore per cani e gatti con affermazioni del tipo: "Lui è più buono degli umani" "Un cane non ti tradirà mai" "Lui è l'amore della mia vita" "Bastardi sono gli uomini" etc. etc. Non ho mai condiviso la filosofia del "Più conosco gli uomini e più amo le bestie", perché sono convinto che il primo dovere di ogni uomo è quello di amare innanzitutto i suoi simili. Gli animali sono anch'essi degni di rispetto e amore in quanto creature di Dio, ma chi non è capace di amare l'uomo, dunque un suo fratello, non è capace di amare niente e nessuno. Non credo nella bontà d'animo di chi esibisce sdolcinate coccole nei confronti di un gatto e poi scrive frasi di fuoco contro i fratelli umani. Ho l'impressione che il parossistico amore per gli animali, ai quali oggigiorno vengono riservate anche tombe con tanto di lapidi e fotografie in cimiteri dedicati, serva solo a compensare l'incapacità o la paura che hanno molte persone di amare il prossimo. Un prossimo nel quale non riescono più nemmeno a identificarsi.


P. S. Ho pubblicato questo post il 24 giugno scorso. È di questi giorni la tragica notizia di un domatore, Ettore Weber, che è stato sbranato da un gruppo di tigri durante le prove del suo numero. Aggiungo questa piccola appendice al post per dimostrare quanto ho già scritto. Leggendo sul social network Facebook i commenti che molti utenti hanno lasciato circa il suddetto tragico episodio, qualsiasi persona, ma soprattutto qualsiasi "vero" cristiano non può che sentirsi accapponare la pelle. Molti augurano al domatore di andare all'inferno, e molti altri citano passi del Vangelo in cui Gesù avrebbe difeso gli animali, passi del tutto inesistenti. Ancora una volta ribadisco quanto già affermato: chi trasuda odio da ogni poro, chi non è capace di provare sentimenti di amore e di perdono verso l'uomo, ovvero verso un suo simile, non è capace di amare niente e nessuno. Nemmeno gli animali. (6 luglio 2019)



Copyright ©Bruno Canale 2019

domenica 19 maggio 2019

LA PARABOLA DEL FIGLIOL PRODIGO


         
Dedico questo breve episodio di vita familiare a coloro che si commuovono nell'ascoltare le parole del Vangelo ma non riescono a riconoscerne il senso in ciò che accade nella vita di tutti i giorni.
Un uomo molto pio tornò a casa una sera dopo il consueto incontro in parrocchia con gli altri fedeli. Quel pomeriggio avevano commentato la parabola del figliol prodigo. Ogni volta in cui ascoltava o rileggeva la famosa parabola egli tratteneva a stento le lacrime. Le sagge parole che il padre rivolgeva al figlio così roso dall'invidia e dal dispetto nei confronti del fratello scialacquatore e dissoluto, lo commuovevano ogni volta come se fosse la prima. Anche durante l'incontro in parrocchia aveva espresso il suo sentimento di gratitudine a Gesù per averci lasciato questa meravigliosa e significativa parabola, che basterebbe da sola a convertire un cuore lontano da Dio. L'unico cruccio nella vita di quell'uomo così pio consisteva nell’avere accanto a sé una moglie non credente. Ella non riusciva in alcun modo a condividere il fervore religioso del marito. Tante volte lui l'aveva invitata a partecipare agli incontri in parrocchia ma lei si era sempre rifiutata. Nonostante ciò le parlava spesso del Vangelo e di ciò che aveva imparato dalle Sacre Scritture. Anche quella sera, mettendosi a tavola per la cena, l'uomo spiegò quali profondi e sempre nuovi significati si nascondono nella parabola del figliol prodigo. La moglie era sempre disponibile all'ascolto perché amava il marito e non voleva ferirlo. Quella sera tuttavia, mentre cenavano e guardavano la televisione, ella fu costretta ad interrompere il fervoroso discorso che il marito stava facendo perché qualcosa aveva improvvisamente attirato la sua attenzione. In televisione stavano trasmettendo un programma d'intrattenimento nel quale, tra i vari ospiti, c'era un famoso cantante del passato che non calcava più le scene ormai da molti anni. Il famoso cantante, afflitto da seri problemi economici, aveva deciso di presentarsi davanti alle telecamere per fare un pubblico appello. Il suo volto in primo piano sullo schermo rivelava una condizione assai triste. La donna fece notare al marito quanto fosse invecchiato e che aspetto patetico e penoso aveva adesso quell’uomo, completamente diverso da quando era sulla cresta dell'onda e vendeva milioni di dischi. Lui prese il telecomando e alzò il volume per sentire meglio. Il vecchio cantante stava raccontando con molta tristezza le vicissitudini della sua esistenza e del suo declino come artista. Diceva di aver avuto tutto quello che un uomo può desiderare: soldi, successo, belle donne. Adesso però se la passava assai male, era pieno di debiti, e a causa di una cattiva gestione del proprio denaro e di false amicizie che l'avevano tradito si era ritrovato solo, povero e disperato. Era andato dunque in televisione per fare una pubblica richiesta di aiuto e per chiedere un sussidio allo Stato, considerate le sue precarie condizioni economiche che gli impedivano di avere una vita dignitosa. Il marito, sentite le parole del cantante caduto in disgrazia, non poté fare a meno di commentare stizzito: "Ma tu guarda un po' questo. Certo che ci vuole una bella faccia tosta. C'è tantissima gente che a stento riesce ad arrivare a fine mese e vive comunque con dignità senza aver bisogno di fare pubblici appelli in televisione. Poteva pensarci prima, quando aveva tanti soldi, gloria e belle donne, invece di ridursi a implorare in televisione un aiuto dallo Stato. Io lavoro da tanti anni e mi ci vorrebbero tre o quattro vite per accumulare tutta la ricchezza che lui possedeva e che ha sperperato irresponsabilmente". Quando ebbe finito di parlare si accorse che la moglie lo fissava." Che cosa c'è - le chiese - non sei d'accordo con me? Ho detto qualcosa di sbagliato?". Lei sorrise divertita e poi disse: "Sai, mi ricordi qualcuno". "Ti ricordo qualcuno? E chi? " domandò incuriosito. "Mi ricordi il fratello del figliol prodigo". Il marito la guardò stupito. "Vedi - continuò lei - io non sono credente ma tu mi hai parlato tante volte di questa parabola e alla fine qualcosa l'ho imparata anch'io. Il fratello del figliol prodigo, tornato dai campi vede che suo padre sta dando una festa in onore del figlio scapestrato il quale, dopo aver dissipato tutta la sua parte di eredità, torna a casa disperato e povero. E che cosa dice il fratello più saggio, più assennato, colui che è rimasto accanto al padre a spezzarsi la schiena per lavorare la terra? Dice che lui si è comportato sempre bene, non lo ha mai abbandonato, ha lavorato duramente senza tuttavia ricevere mai alcuna attenzione particolare dal genitore. Quell'altro invece, che ha sperperato tutto in donne e vizi adesso pretende pietà e considerazione. Tu hai parlato poco fa esattamente come lui e nemmeno te ne sei accorto". Il marito rimase in silenzio. Si sentì mortificato da queste parole e lei se ne accorse. Aggiunse dunque con dolcezza: "Scusa, non volevo giudicarti, ho solo espresso il mio pensiero." L'uomo capì invece che la moglie aveva detto delle cose giustissime e sacrosante. Egli non era stato capace di provare misericordia nei confronti di un uomo caduto in disgrazia e lo aveva giudicato secondo la logica del mondo, che non è la logica di Dio. Si accorse dunque che le parole di sua moglie erano state suggerite dal Signore, affinché egli comprendesse il grave errore che aveva commesso come cristiano nel non provare misericordia verso un fratello disperato.
Troppo spesso la saggezza che ci viene dal mondo impedisce al nostro cuore di provare pietà verso i fratelli che sbagliando hanno causato la propria rovina. Ci sentiamo in diritto di giudicare con severità i loro errori invece di comprenderli e di perdonarli. E' questo che Gesù ha voluto insegnarci con la parabola del figliol prodigo.
 


    
Copyright© Bruno Canale 2019

lunedì 6 maggio 2019

LE VERITÀ NEGATE



Oggi, più che in ogni altro tempo, vi è l'urgenza di ristabilire e riaffermare le verità che tutti abbiamo sempre conosciuto ma che il mondo si sta sforzando di negare. Si ha la sensazione di dover ricordare a tutti che il sole brilla alto nel cielo, che la notte segue al giorno e che il mare bagna la Terra. E così urge il dovere di ricordare a tutti che per un bambino ci vogliono un padre e una madre, che le guerre non bisogna farle, che le armi non bisogna fabbricarle e che per essere felici dobbiamo evitare le scelte che ci rendono infelici. Tutto ovvio, scontato, banale. Eppure sembra che una strana corrente sotterranea, strisciante, subdola come un vento sottile e malefico che entra nei pensieri stia riuscendo a rimettere in discussione perfino le cose più banali del mondo. Le evidenze non sono più evidenze ma principi superati; i valori sono convinzioni antiche da cambiare; la follia diventa plausibile normalità. Il bersaglio preferito di questa "revisione" modernista di principi e valori, per chi non se ne fosse ancora accorto, è il messaggio di Cristo, è la Croce, è la Fede cristiana. Essa non viene colpita soltanto con cieca e sanguinaria violenza lì dove i cristiani sono in minoranza, bensì viene considerata quasi una vergogna da additare ed emarginare anche lì dove i cristiani sono ufficialmente la maggioranza. Papa Francesco ha detto che non bisogna essere "cristiani tiepidi". Al giorno d'oggi, per paura di essere accusati di fanatismo ed intolleranza i cristiani stanno diventando addirittura "gelidi". L'ostilità al Crocifisso, anche se per il momento manifestata solo a parole, sta diventando così ordinaria da convincere perfino quelli che non si erano mai interessati all'argomento. E così parlare del Vangelo e mostrare il Crocifisso fa scandalo perché significa non rispettare le altre religioni. È un po' come se mi venisse proibito di parlare della donna che amo e di mostrare con gioia la sua fotografia perché questo potrebbe risultare offensivo per le altre donne. Dire che Cristo è la Verità sta diventando addirittura pericoloso, al punto che molti cristiani stanno cominciando a sostenere che l'importante è amare ed essere buoni indipendentemente dal proprio credo religioso. Prudenza? Saggezza? Paura? Come sostenevo all'inizio bisogna riaffermare e ristabilire tante verità a cui eravamo stati abituati fin da piccoli, verità che facevano parte della nostra morale e del nostro spirito, del nostro patrimonio individuale e collettivo, della nostra memoria, della nostra vita. I bambini hanno bisogno di un padre e di una madre, le guerre non bisogna mai farle, il sole brilla alto nel cielo. Cristo è VIA, VERITÀ E VITA.





Copyright©Bruno Canale 2019

domenica 5 maggio 2019

UNA CROCE ROSSA... DI SANGUE



Al consueto modo di dire "Sparare sulla Croce Rossa" per indicare chi colpisce qualcuno che non ha la possibilità di difendersi si dovrebbe sostituire oggi il più attuale "Sparare sulla Croce di Cristo". Sparare su quella Croce che non sa né offendere né difendersi perché è stata innalzata soltanto per amare. Sparare su quella Croce che dà ancora scandalo perché la Luce e l'amore che è capace di irradiare fanno paura. In un mondo nel quale gli uomini tengono abitualmente alta la guardia stringendo minacciosamente i pugni verso il fratello, il Signore allarga ancora le braccia perché è disposto ad accettare tutto pur di non rinunciare al Suo Amore verso l'umanità. Ciononostante su quella Croce si continua ancora a sparare con le armi e con le parole. Su quella Croce ancora oggi rossa. Rossa di sangue.








Copyright© Bruno Canale 2019 (Testo) 

lunedì 15 aprile 2019

DAVANTI A UNA CHIESA IN FIAMME




Davanti a una chiesa in fiamme per imprevista sciagura o per volontà umana, bisognerebbe sempre inginocchiarsi e pregare come stanno facendo i parigini in queste ore mentre la cattedrale di Notre Dame sta bruciando. Solo una domanda voglio pormi: è possibile che debba bruciare una chiesa per far ardere il fuoco della preghiera nelle persone? Il mio augurio è che nella nostra Europa torni ad avvampare un fuoco che non distrugge ma edifica i cuori. Il fuoco della Fede.









Copyright© Bruno Canale 2019 (Testo) 

giovedì 11 aprile 2019

IL CARPENTIERE FIGLIO DI MARIA




"Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria?"  (Mc. 6, 3)

Lo stupore dei concittadini di Gesù che riconoscevano in Lui semplicemente una persona come tutte le altre deve suggerirci due riflessioni. La prima è che la Luce divina è presente in ogni uomo, non è un tesoro lontano e irraggiungibile. L'esperienza terrena di Gesù, Verbo Incarnato, Messia atteso dal popolo d'Israele e Salvatore del mondo vuole insegnarci questa fondamentale Verità: ogni uomo è stato creato a immagine di Dio, ogni uomo appartiene a Dio. E Gesù, che è l'incarnazione del Verbo, per rendere concreta ed esplicita questa Verità è venuto sulla Terra nel più semplice e naturale dei modi: dal grembo di una donna che ha patito i dolori del parto. Il mondo tuttavia fu inospitale nei confronti di questo lieto e sacro evento e Maria dovette deporre il neonato Gesù in una mangiatoia. E così da una mangiatoia l'Emmanuele preannunciato dal profeta cominciò ad irradiare la Sua Luce divina che dissipa le tenebre, e dal legno di una Croce donò salvezza all'intera umanità. Una greppia diventa fonte di Luce, una croce è fonte di salvezza, e una mensa condivisa con i discepoli si trasforma nel miracolo perpetuo dell'Eucaristia. Tutta l'esistenza di Gesù è un lavoro paziente e faticoso, un vivere in mezzo a cose semplici e terrene che fanno di Lui il più mite e solerte uomo della Terra. Un esempio in fondo non difficile da seguire per chiunque abbia il coraggio di essere umile. Ecco dunque la seconda riflessione suscitata dallo stupore di coloro che videro in Lui nient'altro che il "carpentiere figlio di Maria". La Fede cristiana, per chiunque l'abbracci e la segua, richiede un lavoro certosino di apprendistato spirituale. Proprio come un carpentiere o un falegname svolgono pazientemente la loro quotidiana attività. Essi costruiscono, modellano. E così il cristiano modella e costruisce la sua Fede giorno per giorno, senza pretendere momenti solenni, eclatanti trionfi, squilli di tromba. Il cristiano lavora in semplicità perché così ha lavorato Gesù. Una semplicità che scava nell'animo e rimodella i cuori.










Copyright© Bruno Canale 2019 (Testo) 

domenica 24 marzo 2019

È COLPA DELLA CHIESA?




Al giorno d’oggi si tende a giustificare la scarsa partecipazione dei fedeli alla Messa cercandone la causa negli scandali e negli errori di cui la Chiesa si è resa responsabile. La spiegazione più ricorrente è: “La Chiesa è sempre meno coerente col messaggio evangelico”. Ancora la vecchia scusa, ancora la storia della volpe che non riesce a raggiungere l’uva e dice che l’uva non è buona. Molti fedeli, distratti forse da obiettivi più mondani e allettanti, non riescono più a stabilire un serio legame spirituale con quello che la Chiesa proclama e che l’Eucaristia celebra. Questa pigrizia genera in molti individui un’invincibile avversione verso tutto ciò che riguarda l’aspetto rituale della Fede e la sua ripetizione quotidiana o domenicale. Si comincia col dire: “Sono cattolico ma non praticante”, per poi affermare: “Sono cristiano ma non cattolico”, e proseguire poi con “Io credo in Dio ma non nella Chiesa perché la Chiesa è gestita da uomini". Infine si sfocia nella deriva relativista di coloro che affermano con orgoglio: “Decido io in cosa credere. Il Dio in cui credo non è quello della Chiesa e della Bibbia. Io non accetto regole!”. Invece di capire quale deficienza interiore possa condurre a una simile autarchia, a un simile rifiuto della dimensione liturgica e comunitaria che ci invita a condividere la preghiera, l’ascolto della Parola e la gioia del Banchetto Eucaristico, gli insofferenti individualisti accusano la Chiesa di averli scandalizzati al punto da suscitare in loro un legittimo rifiuto e un desiderio di fuga. Se a costoro, come ad altri fedeli "scandalizzati", sono bastati gli errori della Chiesa per non partecipare più alla Santa Messa, vuol dire che la loro Fede non era autentica e aspettava un pretesto qualsiasi per rivelare la sua vera faccia.






Copyright©Bruno Canale 2019 (Testo) 

lunedì 4 marzo 2019

IL PICCOLO YESHUA



Era mattina a Gerusalemme, e alcuni bambini stavano giocando quando delle forti grida li attirarono. Interruppero i loro giochi e corsero tutti insieme a vedere che cosa stava accadendo. Si trovarono di fronte a un muro di persone che strepitavano e inveivano contro qualcuno che stava passando sulla via, ma non riuscivano a vedere chi fosse. Spinti dalla forte curiosità si infilarono in mezzo ai piedi dei grandi per vedere meglio. Videro i soldati romani che procedevano assestando duri passi sulla terra e sollevando tanta polvere. Quegli uomini il cui passo era appesantito da robuste armature procedevano urlando alla folla di farsi da parte. In mezzo ai soldati c'era un uomo con le vesti sporche di sangue, che avanzava curvo sotto il peso di due grosse travi di legno incrociate. La polvere non lasciava distinguere bene il suo volto. Uno dei bambini, Yeshua, il più audace e curioso di tutti, sgattaiolò tra i piedi degli adulti e si spinse più in là per avvicinarsi e guardare meglio. Riconobbe colui del quale tutti parlavano con insistenza da diversi giorni. Veniva da Nazareth e parlava di amore e di pace. Aveva rimproverato chi tratta male i bambini perché lui li amava. "Ma come mai - si domandò Yeshua - quando è entrato in città lo hanno accolto con tanto entusiasmo e oggi invece lo trattano così?". Ricordava con gioia il suo trionfale ingresso in Gerusalemme tra la folla che lo acclamava come un re. Anche suo padre e sua madre erano andati ad accoglierlo agitando festosamente rami di palma. Gli era sembrato tutto così bello! E adesso invece, che tristezza vederlo avanzare a fatica sotto il peso di due enormi travi di legno, umiliato e deriso, insultato e odiato anche da coloro che lo avevano osannato. A un tratto l'uomo cadde con la faccia nella polvere e i soldati lo costrinsero a rialzarsi strattonandolo e prendendolo a calci. Yeshua provò una gran pena per lui. Avrebbe voluto essere già grande per aiutarlo a rialzarsi. Quello straniero gli era simpatico perché non aveva fatto del male a nessuno e anche perché portava il suo stesso nome. "Un nome importante! - diceva sempre sua madre - Sai che cosa vuol dire il nome che io e tuo padre ti abbiamo dato? Che tu sei protetto dal nostro Dio, un Dio che salva! ". Con grande coraggio il piccolo superò la fila dei soldati e si avvicinò all'uomo che reggeva la croce, al punto che poteva quasi toccarlo. Ricurvo e gemente per il dolore, il poverino avanzava sotto il peso di quel legno infame e investito da spaventose ingiurie che gli piovevano addosso da ogni lato. Aveva i capelli bagnati di sangue e sudore. Come se avesse letto nel cuore del bambino il desiderio di guardarlo in volto, il condannato si fermò per riprendere fiato e diresse lo sguardo stanco e sofferente su di lui. Il piccolo Yeshua poté finalmente osservarlo con attenzione. Gli occhi erano socchiusi come candele che stanno per spegnersi. Il volto era gonfio e ferito, deturpato da chissà quante percosse inferte senza pietà. Rivoli di sangue scorrevano nei capelli e sulla barba a causa di un casco di rovi spinosi che gli era stato posto sul capo. Il piccolo rimase impressionato dallo spettacolo di tanta cattiveria, ma soprattutto dalla incredibile capacità che aveva quell'uomo di subirla senza reagire. Mentre continuava a fissarlo sbalordito l'uomo gli sorrise disgiungendo appena le labbra tumefatte e guardò il piccolo con grande amore. Un soldato gridò a Yeshua di allontanarsi e poi riprese a urlare verso il condannato per incitarlo brutalmente a proseguire. Con la poca forza che ancora aveva l'uomo strinse tra le mani il legno della croce, che era la sua condanna, e riprese a camminare scortato dai soldati che lo conducevano alla collina del Golgota tra le risa e gli insulti della gente. All'improvviso Yeshua si sentì afferrare la mano da qualcuno. Era il padre che lo stava cercando con grande ansia. "Sì può sapere che cosa ci fai qui? Non stavi giocando con i tuoi compagni? Andiamo a casa! Queste non sono cose per bambini!". Il piccolo fece un po' di resistenza ma il padre lo portò via con forza lontano dalla folla per ricondurlo a casa, al sicuro. Mentre camminavano insieme l'uno accanto all'altro, senza parlare, Yeshua ogni tanto si voltava indietro pensando con tristezza alla sofferenza che tutti stavano provocando a quell'uomo così solo e sperduto in una tempesta di odio. Poi rivolse al padre la stessa domanda che aveva posto a se stesso. "Papà, ma perché pochi giorni fa quell'uomo è stato festeggiato e oggi invece lo trattano così? Che cosa ha fatto di male?". Il padre non rispose. Aveva un'espressione seria e guardava dritto davanti a sé senza mai voltarsi indietro. Il bambino aspettò un poco e poi ripeté la domanda col tono incalzante di chi esige una risposta. L'uomo sospirò e continuò a guardare davanti a sé. Poi finalmente rispose, con voce malinconica: "Ci sono cose che non puoi capire perché sei ancora troppo piccolo Yeshua. Ma forse un giorno capirai". Il bambino, sentite queste parole, espresse un desiderio. Pregò il Signore di non farlo crescere mai perché non aveva nessuna intenzione di capire ciò che al mondo sembra normale ma che a lui, pur così piccolo, era già apparsa come un'insopportabile e dolorosa ingiustizia.











Copyright© Bruno Canale 2019 (Testo) 

domenica 3 febbraio 2019

MAESTRO, NON SUPERSTAR




La figura di Gesù è innegabilmente affascinante, ma proprio per questo molti, forse troppi hanno giocato con Lui. Film, canzoni, libri, musical. Tutto questo, se da un lato può sembrare bello, è in realtà un modo per banalizzare, spettacolarizzare inopportunamente la persona più importante che sia mai passata in questo mondo. Per capire e sentire profondamente la Sua capitale importanza nella storia dell'uomo non dobbiamo essere noi ad usare Gesù secondo i nostri gusti e la nostra personalità. Dobbiamo lasciarci usare DA LUI ogni giorno della nostra vita ascoltando la Sua Parola e mettendola in pratica per servire la Verità. 




Copyright © Bruno Canale 2019 (Testo) 

sabato 26 gennaio 2019

ABORTO: IL RIFIUTO DELLA VITA



Esistono due modi per rifiutare il dono della vita: il primo è suicidarsi, il secondo è abortire. Ma nel secondo caso abbiamo detto "No" al posto di un altro.






Copyright © Bruno Canale 2019 (Testo)

domenica 20 gennaio 2019

CAVOLI E CICOGNE



Ricordo che da bambini, quando ancora ignoravamo come realmente venissero concepiti e come nascessero i figli, per evitare l'imbarazzo di dire la verità gli adulti ci fornivano le più curiose e fantasiose spiegazioni. La più famosa di tutte è quella della cicogna che arriva in volo portando il neonato. Oppure circolava l'altra (molto meno poetica) del bambino che nasce sotto un cavolo. Poi un giorno abbiamo scoperto che sono stati i nostri genitori e il loro amore a consentirci di venire alla luce e dunque cavoli e cicogne non c'entrano nulla. Le persone che rifiutano l'idea di un Creatore ovvero di qualcuno che ha consentito ad ogni essere vivente di esserci e di amare, è come se credessero che tutto esista spontaneamente, senza una precisa e superiore volontà, senza una causa suprema. Per loro non c'è alcuna fonte primaria da cui origina il tutto e grazie alla quale l'esistenza di ogni creatura acquista un senso. Le cose e le persone esistono e basta. Esse sarebbero frutto di una continua evoluzione. Ma riguardo a come tutto sia cominciato c'è nella loro tesi una lacuna incolmabile. Essi contemplano l'effetto ma non la causa. Ecco perché ho parlato all'inizio delle nostre ingenuità infantili. In fin dei conti coloro che non credono nell'esistenza di un Creatore e pensano che tutto si sia creato spontaneamente è come se credessero alla storia della cicogna e del cavolo.


Copyright ©Bruno Canale 2019 (Testo) 

domenica 13 gennaio 2019

CARPE DIEM: COGLI L'ATTIMO CHE IL SIGNORE TI HA DONATO


C'era una volta un uomo che si lamentava continuamente della propria vita perché la trovava piena di seccature, di affanni, di angosciosi problemi e di gravose responsabilità. Per questo motivo egli coltivava nel cuore un desiderio irrealizzabile: tornare bambino per rivivere anche un solo giorno della sua infanzia, almeno un giorno senza fastidiose incombenze e assillanti doveri, un giorno che gli restituisse la beata e felice spensieratezza di quell'età piena di sogni e di innocenza. Una sera, più nervoso e amareggiato del solito, decise finalmente di rivolgersi a Dio per implorare la realizzazione di quel desiderio impossibile: "Signore, ti prego, fammi ritornare bambino! Fammi scappare almeno un giorno da questa età così penosa e carica soltanto di noie e di dispiaceri, allontanami da questo presente che non mi piace proprio per niente!" Il Signore volle accontentarlo e gli disse: "Tu hai espresso un solo desiderio ma io ti aiuterò a realizzarne due". Detto ciò lo fece tornare indietro di molti anni e scelse un giorno particolare dell'infanzia di quell'uomo: il giorno in cui egli, rimproverato e messo in castigo dai genitori per aver preso un brutto voto a scuola, aveva pregato tra le lacrime il Signore di farlo diventare subito grande. 


 


 



Copyright © Bruno Canale 2019 (Testo)