venerdì 25 dicembre 2020

SIAMO NATI TUTTI IL 25 DICEMBRE

 

Ogni anno in questo periodo ripeto che il vero festeggiato è Gesù Cristo, ed è dunque a Lui che dobbiamo dedicare il cuore e la mente perché a Natale celebriamo la Sua Nascita. Quest'anno invece per la prima volta il Signore mi ha ispirato una nuova ed inaspettata riflessione, aggiungendo così un valore in più a questa Santa ricorrenza che fa esultare i fedeli di immensa gioia e profonda gratitudine. Nello scambiarci gli auguri di "Buon Natale" riconosciamo che anche noi siamo i festeggiati perché il compleanno di Gesù è senza dubbio anche il "nostro" compleanno. Non siamo forse nati in Cristo nel giorno del Battesimo? Gesù è venuto nel mondo per la nostra rinascita spirituale, per liberarci dalla morte e dal peccato e donarci la vita eterna. Non è dunque il compleanno della carne quello che conta ma il compleanno dello spirito, un compleanno speciale che non riguarda soltanto noi ma anche i nostri fratelli in Cristo che sono nati o vorranno rinascere in Lui. Tutti noi siamo nati nello stesso giorno, il giorno della vita nuova, il giorno della nascita al mondo di Nostro Signore Gesù Cristo.

"Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito." (Gv. 3, 4-6)







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giovedì 24 settembre 2020

LA PARTE MIGLIORE


Se solo avessimo la piena consapevolezza dell'importanza che il Signore ha dato alle nostre vite, del destino dell'anima, di come sia fondamentale preoccuparci dell'eternità che ci aspetta e non solo del presente, non ci occuperemmo più di nient'altro nella nostra vita che non sia il raggiungimento dell'eterna beatitudine nel Cielo. Ci comporteremmo tutti come la giovane Maria. Mentre la sorella Marta attendeva alle faccende domestiche lei non riusciva più a staccarsi da Gesù e lo ascoltava estasiata. Ma potrebbe esistere un mondo simile, un mondo in cui tutti si pongono in estatica contemplazione di Gesù Cristo e della Sua Parola? Questo mondo già esiste, ma non qui sulla Terra. Nel Regno di Dio vivremo tutti assorti in un'ininterrotta e felice contemplazione del Signore. Qui sulla Terra le quotidiane esigenze della carne, se pur lecite e naturali, ci distrarranno sempre dalla Luce della Verità. Gesù, ben consapevole della condizione umana, non deplora ma nemmeno loda l'efficienza di Marta, ineccepibile donna di casa che lo ascolta ma senza tralasciare i suoi ordinari impegni. 

"Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta." (Luca 10, 38-42)

Anche noi dunque dobbiamo scegliere la parte migliore della vita e del mondo, che è Gesù Cristo. In un altro momento del Vangelo Egli ha raccomandato ad ognuno di noi, con lo stesso tono con cui si rivolse a Marta: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta." (Mt. 6, 33). Cercare innanzitutto il Regno di Dio significa fare la volontà del Padre lasciando al Signore il tempo e la libertà di far sì che si compia, anche miracolosamente, la Sua volontà. Il torto di Marta non fu quello di non credere, fu quello di ritenere che le preoccupazioni materiali del quotidiano e la gestione delle faccende domestiche fossero più importanti della Parola di Cristo. Questo è l'errore di molti di noi: rendere marginale ciò che invece dovrebbe essere il centro di un'esistenza sana e votata alla salvezza. Dobbiamo ribaltare l'ordine delle cose, un ordine che in realtà è disordine, perché chiunque anteponga a Cristo le esigenze del mondo e quelle della carne sta rinunciando alla parte migliore. Sta rinunciando all'eternità.










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giovedì 3 settembre 2020

IL SILENZIO DI SAN GIUSEPPE



Molti fedeli si meravigliano del fatto che il divino sposo di Maria non pronunci alcuna parola in tutta la narrazione evangelica. Inoltre non viene riferito nulla riguardo alla sua morte; Giuseppe era già assente alle nozze di Cana e nemmeno sotto la Croce lo ritroviamo. Sappiamo soltanto che egli esce di scena non appena Gesù comincia a rivelarsi pubblicamente come il Figlio di Dio. Tutto questo ha indotto erroneamente alcuni a pensare che egli abbia un ruolo subalterno rispetto alla Vergine e a tutti gli altri personaggi del Nuovo Testamento. Il silenzio di Giuseppe ha lo stesso peso e la stessa profondità di una parola che viene dal cuore. Egli è destinatario di quella che potremmo chiamare la "seconda Annunciazione": l'angelo rivolge a lui lo stesso annuncio rivolto a Maria per renderlo consapevole dell'immenso privilegio ottenuto da Dio e per farlo desistere dal proposito di rifiutare l'unione sponsale con Lei. Noi tutti sappiamo che il Vangelo è un testo ispirato, anzi direi di più, "dettato" dallo Spirito Santo, non può esservi dunque alcuna omissione o dimenticanza da parte di chi lo ha scritto come non troveremo nelle Sue pagine alcuna ridondanza o parola che possa apparire superflua. Il silenzio di Giuseppe assume la stessa potenza divina del "Sì" di Maria. Il suo "Sì" si traduce nell'obbedienza di chi si assume volontariamente l'onere di una paternità legale e per questo motivo ancora più cosciente e responsabile. Ma la paternità di Giuseppe non è soltanto putativa, è spirituale. A differenza di Maria che pur "non avendo conosciuto uomo" accetta questa inattesa maternità stabilendo anche un legame carnale con Gesù, Giuseppe accetta di prendersi cura di quel Figlio che viene dal Cielo e non dalla sua carne. Egli è un uomo giusto, non ha il coraggio di ripudiare la sua promessa sposa sottoponendola al pubblico disprezzo. Pur con il cuore che possiamo immaginare straziato pensa di rinunciare per sempre al coronamento del suo grande amore. Ma il Signore attraverso l'annuncio dell'angelo lo invita a non aver paura e gli fa comprendere l'enorme importanza del compito che sta per affidargli. Giuseppe accetta ed è presente come padre educatore e protettivo solo nella prima parte della vita di Gesù, quella anteriore all'inizio della Sua predicazione e del Suo rivelarsi come il Cristo. È da quel momento che non sentiamo più parlare di lui. Il padre umano che Dio ha scelto su questa Terra doveva occuparsi soprattutto della formazione, della vita familiare, lavorativa e sociale di Gesù, perché a Maria spettava invece l'eroico e appassionato compito di accompagnare il divino Figlio fin sotto la Croce. Avete notato che la voce di Giuseppe non si sente nemmeno quando il piccolo Gesù sparisce per tre giorni a Gerusalemme? Nel momento in cui finalmente lo ritrovano non è Giuseppe a rimproverarlo bensì Maria. Egli lascia alla sua divina sposa il compito di redarguire dolcemente il bambino, perché nella sua infinita umiltà di padre chiamato da Dio non osa certo rimproverare Colui davanti al quale bisogna solo inginocchiarsi. Soltanto Maria, la Piena di Grazia, poteva avere questa autorità nei confronti del Verbo.










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domenica 9 agosto 2020

LA STRAGE NON SI È FERMATA A BETLEMME



Il 28 dicembre la Chiesa commemora i Santi Innocenti Martiri, ma la strage non si è fermata a Betlemme. Che cos'è l'aborto? L'aborto è una condanna a morte in cui il luogo dell'esecuzione è lo stesso nel quale dovrebbe formarsi, nutrirsi ed essere tutelata una nuova vita. Ci sono due modi per dire "no" alla vita. Il primo è suicidarsi, il secondo è abortire. Nel secondo caso però abbiamo detto "no" al posto di un altro.
La strage continua.








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sabato 25 luglio 2020

OGGI SARAI CON ME IN PARADISO



Questa solenne promessa fatta da Gesù al malfattore agonizzante sulla croce può suscitare alcune perplessità in chi legge la Bibbia. Come mai, potremmo chiederci, se Gesù non ascende subito al Paradiso per ricongiungersi al Padre (sappiamo che rimane 40 giorni sulla Terra prima che questo accada), come mai promette al malfattore pentito che nel giorno stesso della sua morte sarà insieme a Lui nel Regno dei Cieli? Inoltre, se davvero il malfattore ascenderà subito al Paradiso può apparire cosa assai irriverente che la sua ascesa al Cielo preceda addirittura quella del Cristo! La risposta a questa serie di apparenti incongruenze spazio-temporali si trova in quello che già sappiamo di Gesù e che Egli stesso conferma agli apostoli: “IO E IL PADRE SIAMO UNA COSA SOLA” (Giovanni 10, 30). Dunque non dobbiamo meravigliarci che Dio Padre parli alle Sue creature attraverso la voce del Cristo. In quel momento era il Padre che prometteva al malfattore il Paradiso, non il “figlio dell’uomo”, la cui missione sulla Terra non si era ancora conclusa. Avete notato che le ultime frasi pronunciate da Gesù sulla Croce sembrano essere in aperto contrasto tra loro? Questo perché in quegli ultimi istanti le due nature del Cristo, quella umana e quella divina, coesistenti nella Sua Persona, facevano sentire ognuna la propria voce. Accorata e dolorosa quella del Figlio; solenne e luminosa quella del Padre.

Figlio: “Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno.”
Padre: “In verità ti dico: oggi tu sarai con me in Paradiso.”
Figlio: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito."
Padre, Figlio: “Donna, ecco tuo figlio…Ecco tua madre.”
Figlio: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
Figlio: “Ho sete.”
Padre: “Tutto è compiuto.”







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giovedì 28 maggio 2020

IL PARADISO È NEGATO SOLO A CHI NON VUOLE ENTRARCI



La parabola del figliol prodigo ci offre, come diamante dalle infinite sfaccettature, un altro spunto di riflessione. Come sappiamo il fratello maggiore rifiuta di entrare in casa mentre è in corso la festa che il padre ha voluto dare in onore del figlio ritrovato. Il padre allora, dispiaciuto del fatto che egli non voglia condividere la gioia della loro casa, abbandona la festa ed esce per andarlo a chiamare. Egli prega il figlio di entrare ma quello, adombrato e offeso, rinfaccia al padre di non avergli mai dato nemmeno un capretto per fare festa con gli amici, mentre adesso ha fatto ammazzare il vitello grasso per quell'altro che ha dissipato tutti i suoi averi con le prostitute. A questo punto notiamo già qualcosa di incongruente nel comportamento del figlio maggiore. Egli si lamenta di non aver mai potuto fare festa e intanto non vuole partecipare alla grande festa che si sta svolgendo in casa sua. Nella metafora evangelica sappiamo che quella casa è il Paradiso, perché per ogni peccatore tornato al Cuore di Dio si fa festa grande nella Sua Casa. Cos'è che impedisce al figlio "saggio" e "fedele" di entrare e partecipare allo stesso gaudio e letizia del padre e del fratello? L'orgoglio, l'invidia, la superbia. Egli desiderava un festeggiamento tutto per lui. Il padre si è addirittura scomodato ad uscire di casa per andargli incontro e "pregarlo" di entrare, ma lui nonostante ciò si rifiuta perché è accecato dal proprio egoismo. Non è forse questo che il Signore ha fatto con tutta l'umanità? Egli si è incarnato, è uscito dalla propria Casa, è venuto incontro ai figli qui nel mondo per invitarli ad entrare nel Suo Regno, ma non tutti i figli hanno accettato l'invito. Questo Padre amorevole e misericordioso è venuto nel mondo anche per insegnare ad amarsi e a rispettarsi vicendevolmente, a gioire l'uno per la felicità dell'altro, a soccorrersi, a compatirsi, a perdonarsi reciprocamente. È tutto questo che il padre cerca di far capire al figlio maggiore, perché anche noi dobbiamo fare festa per i nostri fratelli perduti e ritrovati. Gesù non ci racconta il finale della parabola, per questo non sappiamo se il fratello del figliol prodigo scioglierà finalmente il suo cuore indurito dall'orgoglio ed entrerà in casa. Ed è forse proprio nella parte non raccontata della parabola che Gesù lascia alla nostra coscienza la risposta. Penso che tutti noi dovremmo identificarci non nel figliol prodigo ma nel suo fratello così ostile e resistente all'amore divino. Il Signore porge a tutti l'invito ad entrare nel Suo Regno, ma noi come abbiamo risposto a questo invito? Se sappiamo che in questo Regno troveremo anche i fratelli che abbiamo giudicato male nel mondo, i fratelli con cui non abbiamo mai voluto spartire nulla perché ritenevamo che fossero peggiori di noi, accettiamo lo stesso l'invito? Per entrare nel Regno di Dio bisogna prima imparare ad amare e a perdonare. La porta di questa Casa è aperta a tutti ma non tutti vogliono entrarci. Che cosa dice il padre al figlio orgoglioso? "Tutto ciò che è mio è tuo". Il Signore ha condiviso con noi ogni Suo bene, ma non tutti vogliono godere di questo bene, non tutti vogliono partecipare a quella festa perpetua che è la vita nel Paradiso.






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sabato 21 marzo 2020

DISTANZIAMENTO SOCIALE



Come sarà l'uomo del futuro? Come sarà la nostra vita quando finirà questa emergenza che fa da spartiacque tra una vecchia concezione della vita e la nuova realtà che ci attende? In questi giorni si parla tanto di "distanziamento sociale" riferendosi alla distanza da mantenere tra le persone per contenere la diffusione del virus. A dire il vero l'espressione "distanziamento sociale" poteva essere idonea anche alla vita che abbiamo condotto finora. Il comunicare con i social, con i telefoni cellulari aveva già creato una notevole distanza, una triste lontananza soprattutto tra i giovani. Oggi è proibito darsi la mano ed abbracciarsi perché sono gesti pericolosi per la nostra salute fisica. Ma in fondo questi calorosi atti di vicinanza stavano diventando molto rari anche prima. Forse dopo questa esperienza tutto ciò che appariva moderno e indispensabile apparirà superato, obsoleto, antico e inadeguato per l'uomo nuovo. Il forzato isolamento domiciliare a cui siamo costretti in questi giorni sta rendendo gli strumenti tecnologici l'unica possibilità di comunicare con il mondo. Ma quando saremo finalmente liberi tutte le possibilità che il progresso ci sta offrendo le assoceremo alla solitudine, alla paura e al dolore. L'uomo nuovo avrà bisogno di altro per comunicare con il prossimo. Un sorriso, un abbraccio, una parola viva, una distanza ravvicinata per ascoltarsi e per capirsi davvero, una salvifica stretta di mano.








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giovedì 19 marzo 2020

LA TERZA GUERRA MONDIALE




È scoppiata la terza guerra mondiale, ma non è la guerra che molti profeti di sventura avevano previsto. È una guerra in cui tutte le nazioni del mondo si sono alleate contro lo stesso nemico. Nelle due precedenti guerre mondiali c'è stata una lotta fratricida che ha visto tutti perdenti. Questa volta tutti gli uomini della Terra sentono la necessità di solidarizzare, di obbedire a delle nuove regole che andranno a vantaggio dell'intera collettività. Alla fine di questa guerra sarà la dignità dell'uomo a vincere e sarà il desiderio di amore e di vicinanza il nuovo e più diffuso sentimento degli uomini del futuro. Ricordo una frase di Albert Einstein: "Non so come verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma so come verrà combattuta la quarta: con la clava." Per fortuna non sarà così. Dalle ceneri di una vecchia e spietata concezione della vita e dell'umanità sorgerà un mondo nuovo. Il nemico del nostro tempo non è soltanto il coronavirus. Il nemico comune è il culto del denaro e del profitto a vantaggio di pochi e a danno dei molti. Questa esperienza ci insegnerà che gli uomini non sono numeri. I diversi provvedimenti adottati attualmente dal Governo a favore delle imprese, delle famiglie e della Sanità ci dimostrano che si può imboccare una direzione diversa. Questo è l'insegnamento che il Signore sta impartendo ai Suoi figli. Cerchiamo di seguirlo anche nel futuro.

"Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote." (Lc. 1, 51-52)




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domenica 8 marzo 2020

CORONAVIRUS, A QUALE NORMALITÀ VOGLIAMO RITORNARE?



Il mio desiderio in questo momento è che il virus scompaia ma che resti il fervore della preghiera e la volontà di andare in chiesa per parlare con il Signore e adorarlo. Il mio desiderio è che un giorno si possa riscoprire l'importanza di una stretta di mano e di un abbraccio, perché tutti avranno compreso che si può condividere la solitudine forzata ma anche la gioia di ritrovarsi felicemente uniti in chiesa durante la Messa come anche nel posto di lavoro o in famiglia. Il mio desiderio è che si pensi in futuro un poco di più a Dio e molto meno a sé stessi e alle inconsistenti apparenze che il mondo ci impone. In epoche molto remote, quando flagelli ed epidemie non mancavano, la religiosità era molto più diffusa sia tra i ricchi che tra i meno abbienti, sia tra i colti che tra gli analfabeti. La letteratura italiana comincia ufficialmente con una lode a Dio, il "Cantico delle creature" di S. Francesco d'Assisi, e ha il suo più solido pilastro in una monumentale opera che parla di Inferno, Purgatorio e Paradiso, la Divina Commedia. Forse l'uomo un tempo aveva una più precisa coscienza della propria caducità, del proprio essere un nulla davanti a Dio. È bene che oggi si recuperi questa sana e santa consapevolezza. Spero che quando saremo usciti da quest'incubo non torneremo alla consueta "normalità", quella normalità che fa credere all'uomo moderno di essere autonomo, evoluto, autosufficiente, indipendente da Dio, anzi che lo rende sicuro di non aver bisogno di alcun Dio. Al Signore non mancherà occasione, in futuro, per farci ricordare ancora una volta quanto siamo fragili e indifesi nel ritenerci così stupidamente forti.



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sabato 15 febbraio 2020

LA VERIFICA



Si presentarono davanti alla porta del Paradiso uno scienziato e un analfabeta. L'angelo guardiano fece segno ai due di fermarsi poi disse: "Che cosa avete portato con voi dal mondo per dimostrare di poter entrare in questo Regno?" Lo scienziato rispose: "Io possiedo la conoscenza che ho conquistato con tanto sacrificio. Essa mi ha consentito di fare delle scoperte importanti per l'umanità. Ho contribuito al progresso liberando il genere umano dalle tenebre dell'ignoranza." L'angelo gli domandò che cosa avesse scoperto e lo scienziato gli illustrò tutto il percorso di studi e ricerche che aveva brillantemente compiuto. Il guardiano celeste se ne compiacque. L'analfabeta intanto ascoltava in silenzio e attendeva con timore il momento in cui l'angelo si sarebbe rivolto a lui per interrogarlo. "Che cosa gli risponderò? - disse tra sé -  Io non ho mai saputo fare niente. Ho ricevuto soltanto umiliazioni nella mia vita. Quando gli altri parlavano non capivo che cosa dicevano e spesso li ho fatti ridere a causa delle stupidaggini che dicevo e della mia ignoranza. Ho combinato solo guai e fatto sciocchezze imperdonabili. Sono stato pigro, non mi sono mai impegnato in qualcosa di serio e nei momenti peggiori me la sono cavata sempre dicendo "Lasciamo fare a Dio". Adesso sono qui in compagnia di quest'uomo di fronte al quale io non valgo nulla. Anche qui dunque mi tocca di essere umiliato." Quando l'angelo smise di parlare con lo scienziato rivolse i suoi occhi verso l'analfabeta. Egli tremava, mentre lo scienziato sorrideva soddisfatto di sé. L'angelo guardò con un sorriso l'analfabeta e gli fece segno di entrare. Il pover'uomo fece un gesto come per dire: "Io?". L'angelo annuì e disse dolcemente: "Ho già ascoltato i tuoi pensieri. Tu hai raggiunto la perfezione nel riconoscere la tua imperfezione. Ti sei affidato a Dio ed ora Egli ti accoglie volentieri nel Suo Regno." L'altro, sopraffatto dallo stupore e procedendo timido e lento, varcò la luminosa soglia e disparve nella Luce. Lo scienziato, nel vedere il misero ignorante entrare subito in Paradiso senza referenze e senza aver esibito alcun merito, protestò con l'angelo." Io ho passato tutta la mia giovinezza a sgobbare sui libri e sempre ho continuato a studiare per acculturarmi anche quando ero ormai uno stimato accademico. Mentre io sudavo e mi impegnavo per risolvere alcuni spinosi problemi della scienza e contribuire al progresso dell'umanità quell'incolto si negava alla conoscenza e sprecava il suo tempo. Adesso lui viene giudicato più meritevole di me al punto da non essere nemmeno esaminato ed essere ritenuto degno addirittura di precedermi?""Mio caro - rispose l'angelo - con queste ultime parole hai commesso un grave errore. Possibile che la tua intelligenza non sia servita a farti capire che il Signore ti aveva già destinato al Paradiso? Egli aveva bisogno però di un'ultima verifica. Per questo ha voluto che ti presentassi davanti al Suo Regno in compagnia di quell'uomo. Consentendo a un povero ma umile analfabeta di precederti ha scatenato la tua indignazione e la tua invidia perché hai pensato di essere più meritevole di lui. Questo sentimento ritarderà il tuo ingresso in Paradiso perché hai dimostrato di non essere ancora pronto. Colui che invece ha provato vergogna di se stesso riconoscendo di essere piccolo ha trovato la chiave giusta per ottenere la beatitudine del Cielo. Questa chiave si chiama "umiltà."





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domenica 2 febbraio 2020

IL SENSO DELLA VITA UMANA




Chiunque abbia trascorso gran parte della sua vita a chiedersi il perché di tutto; chiunque abbia provato a cercare la risposta negli ineffabili segreti dell’universo; chiunque abbia saggiato la sapienza umana per capire il senso ultimo delle cose; chiunque sia rimasto incantato e rapito dalle bellezze del Creato trovando già in esse una prova d’amore; chiunque cerca da sempre la risposta definitiva lì dove c’è soltanto una luminosa irradiazione della Verità; chiunque abbia fatto un percorso che racchiude tutto ciò che ho elencato dovrebbe prendere esempio dai Magi. Quegli uomini sapienti e saturi di conoscenza degli astri, i quali si affidarono alla guida di una stella, conclusero il loro cammino sapienziale davanti al Bambino di Betlemme. Ed è lì che anche noi dobbiamo concludere la via dei nostri affanni, delle nostre curiosità, dei nostri perché. Davanti a Colui che racchiude in sé l’unica risposta possibile al senso della vita umana.








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domenica 19 gennaio 2020

VINCOLI DI GRAZIA



Perché Gesù è così severo quando parla dei legami familiari? Egli usa toni abbastanza duri quando parla dei rapporti che intercorrono tra i consanguinei, e la narrazione evangelica dimostra che i Suoi stessi parenti non vollero credere in Lui.

"Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua»" (Mc. 6, 4)
"Gli fu annunziato: «Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose: «Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica»" (Lc. 8, 20-21)
"Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me" (Mt. 10, 37)
"Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui." (Gv. 7, 5)
"Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «E' fuori di sé»." (Mc. 3, 21)
"Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna." (Mt. 19, 29)
"i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa." (Mt.10, 36)

Sembra dunque che Egli voglia negare il valore dei vincoli di sangue. In realtà, con le Sue parole così apparentemente impietose, Gesù avvalora maggiormente la meravigliosa meta a cui secondo la nuova logica divina ogni uomo deve aspirare: l'appartenenza al Regno dei Cieli. Gesù è venuto ad annunziare questo Regno che trova nella Sua divina Persona la massima esemplificazione terrena. Per appartenere a questo Regno è necessario uscire dai vecchi schemi, dalle vecchie regole, dai vecchi confini. Gesù non è venuto soltanto per la salvezza del popolo eletto ma per la salvezza di tutta l'umanità. Non è venuto per confermare gli angusti legami familiari, la forza del clan che si riconosce in regole rigide ed intoccabili. Ogni uomo troverà suo fratello in un altro uomo, in qualsiasi uomo di questa Terra. I confini della famiglia si allargano, si rinnovano, si espandono in una universale armonia in cui nessuno potrà essere più considerato un "estraneo". Nella logica divina che Gesù insegna al mondo estranei diventano coloro che vantano legami apparentemente prioritari: i legami di sangue. In fondo neanche le due persone speciali e privilegiate che hanno formato la Sua Sacra Famiglia, Giuseppe e Maria, poterono dirsi realmente "consanguinei" di Gesù. Nel nuovo mondo da Lui annunciato e predicato siamo tutti uniti senza confini di patria e di famiglia. Non esistono dunque più vincoli di sangue ma soltanto "vincoli di Grazia".



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lunedì 6 gennaio 2020

UNA SOAVE CAREZZA




Che cosa sono quei due schiaffetti dati dal Papa per liberarsi da una stretta dolorosa rispetto a tutti i volgari insulti che sta ricevendo in questi giorni? Vignette di pessimo gusto (postate anche da insospettabili cattolici praticanti) accuse insulse e calunniose, sberleffi, giudizi spietati. Al confronto delle percosse morali che Papa Francesco sta ricevendo i due schiaffetti dati alla fedele asiatica sono soltanto una soave carezza.









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giovedì 2 gennaio 2020

IL PAPA SCHIAFFEGGIATORE? LA COLPA È DI CHI LO VUOLE TUTTO PER SE




Dopo il suo secondo gesto di “umanissima impazienza” Papa Francesco è stato ancora una volta investito da accuse e pretestuose polemiche nei social, dove notoriamente scarseggiano il raziocinio e la pietà. Ricordiamo che in Messico, nel 2016, Bergoglio rimproverò un giovane il quale, immerso nella folla di fedeli, voleva attirarlo a sé in un abbraccio esclusivo che stava rischiando di ledere l’incolumità del Pontefice. “Non essere egoista!” questo disse il Papa al giovane messicano. Alla fine dell’anno appena trascorso, dopo la Messa del Te Deum, durante il suo consueto passaggio accanto ai fedeli in piazza San Pietro il Papa è stato bloccato da una fedele asiatica che gli ha afferrato con forza il braccio per attirarlo a sé e imporgli con determinazione di ascoltarla. Egli si è mostrato dapprima dolorante poi alquanto irritato da quella presa. Con due schiaffetti si è liberato dall’autoritaria morsa di quella donna che, seppur desiderosa di comunicare qualcosa al Santo Padre, non ha certo scelto il modo più opportuno, umile e civile. Che cosa ne sarebbe del povero Pontefice se tutti i fedeli che incontra così da vicino volessero afferrargli un braccio, un lembo della talare o tutto il corpo per stabilire un contatto più forte ed intenso? Per quel che mi riguarda, anche se riuscissi solo a sfiorare una mano del Papa sarei già felicissimo. L’egoismo di taluni fedeli che vogliono il Papa tutto per sé può generare episodi come quello accaduto in piazza San Pietro. Sono convinto che anche Gesù avrebbe avuto la stessa reazione se qualcuno in mezzo alla folla gli avesse strattonato un braccio facendogli del male.








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