mercoledì 26 dicembre 2018

LA NOTTE IN CUI ANDREA SCOPRÌ LA VERITÀ




Il piccolo Andrea aveva sette anni. Anche quell'anno, aiutato dai genitori, aveva scritto la sua brava letterina a Babbo Natale. La sera del 24, dopo aver deposto il Bambino Gesù nella mangiatoia, si ritirò nella sua cameretta dove dormiva insieme al fratellino più piccolo. I suoi genitori lo avevano abituato ad aspettare la mattina di Natale per aprire i doni, così l'emozione dell'attesa durava più a lungo. Dopo aver dato la buona notte alla mamma e al papà si infilò in gran fretta sotto le coperte e rimase in trepida attesa. Per quanto si sforzasse, quella notte non riusciva ad addormentarsi. Un'insolita trepidazione lo agitava impedendogli di aspettare il mattino per l'apertura dei regali. Dopo circa un quarto d'ora si alzò e scese dal letto in punta di piedi. Controllò prima che il fratellino dormisse tranquillo, poi si avvicinò alla porta della cameretta e la aprì piano piano, sbirciando fuori nel corridoio e mettendosi in ascolto. Vedeva sulla parete il riflesso multicolore dell'albero in salotto e sentì dei rumori. Sentì i passi lenti di qualcuno che trascinava un grosso pacco sul pavimento, poi un fruscio di carte e dei leggerissimi bisbigli. Doveva essere arrivato Babbo Natale! Preso da una forte curiosità uscì dalla sua cameretta perché voleva vedere che aspetto avesse. Attraversò con passo lieve il corridoio mentre il cuoricino gli batteva forte. Ebbe anche paura. Che cosa avrebbe detto a Babbo Natale se lo avesse avuto di fronte? E Babbo Natale si sarebbe arrabbiato nel vederlo in piedi a curiosare mentre lui sistemava i doni? Nonostante queste piccole preoccupazioni proseguì nella sua missione esplorativa e si spinse fin quasi all'ingresso del salotto. Uno strano rumore, come un viavai di più persone lo meravigliava. Ma quanti regali aveva portato quella notte Babbo Natale? Quanto tempo ci metteva per sistemarli sotto l'albero? E perché sentiva passi di più persone? Forse aveva portato con sé un aiutante, magari uno degli elfi che lavoravano al suo servizio. Sempre facendo strane congetture arrivò col fiato sospeso all'ingresso del salotto. Si sporse un poco oltre il bordo dell'uscio e vide...Si stropicciò gli occhi e poi li spalancò. Erano i suoi genitori! Erano proprio i suoi genitori che nella penombra colorata stavano piazzando con cura i pacchi che sembravano risplendere di mille colori sgargianti sotto le luci dell'albero. Investito da una forte disillusione tornò di corsa nella sua cameretta e andò a nascondersi sotto le coperte. Poi mise la testa sotto il cuscino e cominciò a piangere. Si sentiva tradito, imbrogliato. I suoi genitori l'avevano ingannato. Babbo Natale non esiste, per anni gli avevano raccontato solo una bugia! E lui che ogni anno gli scriveva una letterina piena di desideri. Tutto un imbroglio! Mentre singhiozzava con la faccia bagnata di lacrime sotto il cuscino sentì una mano toccargli la spalla. Poi udì una voce che lo chiamava dolcemente: "Andrea! Andrea! Non piangere". Scostò il cuscino e si voltò per vedere chi lo stava chiamando. Con gli occhi gonfi e pieni di lacrime non riusciva a distinguere bene nella penombra, ma vide un uomo che stava chinato su di lui. Un uomo con la barba lunga e lo sguardo dolce.
"Non piangere Andrea, i tuoi genitori ti amano". Disse l'uomo con una voce calda e profonda. I suoi occhi quasi brillavano nel buio. Andrea si sporse verso di lui. Una strana luce circondava quell'uomo. "Ma chi sei?" domandò Andrea. L'uomo gli sorrise e rispose: "Non mi riconosci?". Andrea disse: "Sei Babbo Natale?". L'altro sorrise teneramente e rispose: "No, non lo sono. Sei sicuro di non avermi mai visto?". Andrea rifletté un poco, e all'improvviso ricordò un ritratto ovale che si trovava sulla parete nella camera da letto dei genitori. Il ritratto mostrava un volto simile a quello dell'uomo che gli era davanti. "Ma tu sei... Gesù! ". L'uomo annuì dolcemente. Ogni sera tu mi chiami pregando e io vengo da te, nella tua stanza, ad abbracciarti". "Ma io non ti ho mai visto!" ribatté Andrea. "Mi ha visto il tuo cuore - rispose Gesù - Ogni sera vengo a dare il bacio della buonanotte a te e al tuo fratellino. Andrea lo guardava incantato. "I tuoi genitori ti vogliono un gran bene Andrea". "Ma loro due mi hanno sempre raccontato una bugia - obiettò il piccolo - Eppure mi hanno sempre insegnato a dire la verità! Quelle lettere che ho scritto non le ha mai lette nessuno!". Gesù sollevò una mano. Tra le dita reggeva l'ultima letterina che Andrea aveva scritto a Babbo Natale. Andrea guardò la sua lettera spalancando gli occhi sbigottito. " Tutti i bambini del mondo scrivono a Babbo Natale ma le loro lettere le leggo io e ispiro il cuore dei loro genitori. Anche la tua è giunta a me, e io faccio sempre in modo da realizzare i sogni dei miei piccoli. Se mi chiamerai quando avrai un sogno da realizzare verrò subito per aiutarti a farlo diventare realtà. Quando crescerai avrai desideri più importanti e più grandi, e io ci sarò sempre. Ma devi promettermi di volermi bene e di non dimenticarmi mai qualsiasi cosa accada. Me lo prometti?". Andrea era ormai senza parole. Riuscì a sussurrare soltanto un timido  "Sì". Gesù gli accarezzò lievemente una guancia. Poi si sollevò in piedi e si avvicinò al letto del fratellino. Diede una carezza affettuosa anche a lui. Infine si voltò verso Andrea, lo salutò sollevando una mano e disparve nel buio. Si dileguò anche il bagliore irreale che aveva portato con sé. La cameretta ripiombò nella fitta penombra della notte. Brillavano soltanto le lucine colorate dell'alberello di Natale che vegliava in un angolo. Dopo qualche minuto Andrea scese dal letto e s'incamminò piano verso la porta della stanza. Uscì, attraversò il corridoio ancora illuminato dalle luci dell'albero in salotto. Non si sentiva più nulla, i genitori erano andati a dormire. Andrea tornò nella sua cameretta e, infilatosi di nuovo sotto le coperte, cominciò a piangere a dirotto, ma stavolta erano lacrime di gioia. Da allora in poi sulle sue letterine non scrisse più "Caro Babbo Natale" ma cominciò a scrivere "Mio caro Gesù". Tante altre lettere scrisse a Gesù nel suo cuore quando diventò adulto, e ai figli parlò sempre di un amico che avrebbe realizzato ogni loro desiderio chiedendo in cambio soltanto amore.





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giovedì 20 dicembre 2018

NATIVITÀ



Gli eventi più sublimi possono avvenire nei luoghi più impensati. Quante donne in tutta la storia dell'umanità hanno partorito in una stalla e hanno deposto il frutto del loro amore lì dove gli animali si nutrono? E non stiamo parlando di una delle tante donne di questo mondo né di un bambino come noi. Stiamo parlando di colei che senza peccato ha partorito la Verità e di Colui che con la Sua nascita ha illuminato l'universo e la vita di ogni creatura! Quale evento poteva essere più luminoso, sublime ed ineguagliabile della nascita di Nostro Signore Gesù Cristo? Eppure tutto è avvenuto nel luogo più lontano possibile dalla grazia del calore familiare, dell'intimità raccolta di una casa, di una stanza da letto, di un talamo che accoglie i due sposi e la nuova vita che essi donano al Cielo. Se quella notte a Betlemme vi fosse stato un luogo ancora più disagevole e inadatto per un nascituro il Signore lo avrebbe scelto, perché così vuol far capire a tutti noi come nasce la vera Gloria. Nasce lì dove lo sguardo superbo degli uomini non ritiene degno guardare, tra le cose piccole e trascurate, abbandonate, rifiutate. Lì dove per guardare bisogna usare gli occhi del cuore. E così il minuscolo granello di senape diventa albero, gli ultimi diventano i primi, i più piccoli diventano i più grandi nel Regno dei Cieli. E chi non avrà servito ed amato gli ultimi troverà chiusa la porta di un Regno che è riservato a loro e a chi sceglie di diventare come loro.







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lunedì 17 dicembre 2018

LA RIVOLUZIONE DI CRISTO







Che cosa hanno creduto di inventare gli uomini dell'epoca moderna? La rivoluzione contro i ricchi? Gesù lo ha già fatto dicendo che bisogna scegliere: o si serve Dio o si serve il denaro. L'emancipazione della donna? Il Vangelo la esalta nella sublime figura di Maria e nelle donne che prima degli altri capirono la grandezza del Messia. L'uguaglianza tra tutti gli uomini della Terra? Gesù l'ha sancita con notevole anticipo, ritenendo tutta l'umanità degna di accogliere il Suo messaggio e predicando un amore che travalica gli angusti confini dei legami familiari per estendersi a una fratellanza universale. La difesa dell'infanzia? Gesù magnificò la purezza dei fanciulli fino ad affermare che se non si è come loro non si entra in Paradiso. Pretese così subito davanti a tutti il dovuto rispetto nei confronti di coloro che sono semplici ma non meno preziosi degli adulti, coloro che sono digiuni di mondo ma illuminati dalla Grazia di Dio. Che cosa hanno creduto di inventare gli uomini dell'epoca moderna che Gesù non abbia già fissato in eterno con la Sua Parola?







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sabato 8 dicembre 2018

UNA CREATURA PERFETTA




"IO SONO L'IMMACOLATA CONCEZIONE" 




Il Signore non poteva scegliere una creatura macchiata dal peccato per incarnarsi ed entrare nella storia del mondo. 








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sabato 24 novembre 2018

UN'ALBA, UN TRAMONTO


Di fronte a un'alba o a un tramonto proviamo la stessa emozione e lo stesso struggimento. Questo perché un giorno che nasce ed uno che finisce portano in sé la stessa speranza di un nuovo inizio: l'alba viene dopo il tramonto, e il tramonto preannuncia una nuova alba. E così davanti a una vita che comincia e a una che finisce abbiamo la medesima aspettativa. Perché sappiamo che qualcosa di nuovo, in entrambi i casi, sta per cominciare.






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giovedì 1 novembre 2018

LA SANTITÀ NON È UN PRIVILEGIO PER POCHI



Quando la Chiesa proclama un nuovo Santo non esclude gli altri fedeli da un così alto privilegio. Nel giorno in cui siamo stati battezzati abbiamo cominciato un cammino di santificazione che si conclude soltanto alla fine della vita. La vera differenza non sussiste tra noi e i Santi che veneriamo, ma tra coloro che hanno dimostrato di essere degni del sacro vincolo di questo meraviglioso Sacramento e coloro che invece lo hanno rinnegato. Gli uomini e le donne che sono stati canonizzati dalla Chiesa hanno fatto di tutta la loro vita una naturale conseguenza dell'impegno che fu loro affidato nel giorno del Battesimo. Essi considerarono il Battesimo come un magnifico dono da contraccambiare ogni giorno. E fu innanzitutto questa riconoscenza a renderli capaci di diventare Santi.





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mercoledì 31 ottobre 2018

RIPASSA DOMANI, PER LA FESTA DI TUTTI I SANTI



Spesso il diavolo fa il verso al Signore cercando di imitarlo. Non fa questo certo con l'intenzione di seguirlo ma di sostituirsi goffamente a Lui. Per tale motivo è stato definito "la scimmia di Dio". E così per lui ogni mezzo è lecito per distrarre gli uomini dalla Verità e condurli verso la menzogna. Il Signore ha detto: "Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli", ed ecco dunque che Satana nel tempo presente sta usando l'innocente tenerezza dei bambini mandandoli per le case travestiti con lugubri ed inquietanti costumi che inneggiano all'orrore e alla morte. Tutto questo deve apparire come un innocente e simpatico gioco al quale tutti dovranno abituarsi. Egli si serve di qualsiasi mezzo per trascinare gli uomini verso la colpa, anche di quello che sembra un gioco da bambini o una festa innocua. A tale riguardo ho una piccola proposta che potrebbe servire a educare le nuove generazioni a cercare la bellezza della Vera Luce e a non inseguire le tenebre della stupidità. La sera del 31 ottobre, quando i bambini verranno a bussare alla vostra porta imbruttiti dai più lugubri costumi per chiedere dolciumi e caramelle, non gli aprite. Chi di voi aveva messo da parte qualche dolcetto da donar loro, gli faccia trovare un cartello sulla porta con su scritto un avviso: 
"RIPASSA DOMANI, PER LA FESTA DI TUTTI I SANTI".






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domenica 21 ottobre 2018

LA RISATA DI GESU'






Spesso sento discutere le persone su un argomento a mio avviso del tutto irrilevante e frivolo: se Gesù abbia mai riso e scherzato. A tale riguardo mi viene in mente una cosa che oggi farebbe ridere molto Nostro Signore. Di tutte le definizioni che sono state date di Lui ne esiste una che ho sentito tante volte e che addirittura venne usata tempo fa da un partito politico durante la propaganda elettorale: "Gesù è stato il primo socialista della storia". Sappiamo tutti che Egli un giorno chiese ai discepoli chi pensavano che Lui fosse, e sappiamo che Pietro diede la risposta più veritiera ("Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente") al punto che Gesù lo consacrò Pietra su cui avrebbe edificato la Sua Chiesa. Fu Gesù stesso, inoltre, a dare di sé diverse illuminanti definizioni: pane della vita, acqua che disseta, porta che conduce alla salvezza, Buon Pastore, Via Verità e Vita. Immaginate adesso che Egli torni sulla Terra ai nostri giorni e rifaccia la medesima domanda agli uomini del nostro tempo: "Voi chi dite che io sia?". Ecco, già immagino qualcuno che entusiasta alza la mano e con piena convinzione esclama: "Il primo socialista della storia!". Allora sì che potremmo vedere Gesù ridere. Ma ridere davvero di cuore.





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venerdì 5 ottobre 2018

IL SOGNO DELLA BAMBINA





Un uomo anziano si trova sul letto di morte. Il suo unico figlio siede accanto a lui tenendogli la mano. Il vecchio guarda il figlio dal sottile spiraglio delle palpebre che rivelano appena uno sguardo stanco.
"Figlio mio..." L'uomo stringe la mano del figlio e raccoglie tutte le sue forze per dirgli qualcosa di importante. Sa che ha poco tempo e deve scolpire ogni parola, quasi come se dettasse le ultime volontà alla mano di un notaio. Ma il notaio è suo figlio, e il vecchio vuole scrivere nel cuore di lui, scrigno delle proprie confessioni. Egli non ha mai creduto in Dio. Le amarezze e le delusioni della vita lo hanno indotto a maturare una triste e sconsolata saggezza che adesso vuole trasmettere a chi resta. "Figlio mio, devi stare molto attento." "A cosa papà?" Ed ecco che il vecchio morente fa un nutrito elenco di tutte le insidie e i pericoli del mondo. "Non ti fidare di chi si dice amico; non ti fidare di chi ti propone grossi affari in nome dell'amicizia e del buon senso; non ti fidare di chi ti promette grandi ricompense e soddisfazioni; non ti fidare di..." la lista va avanti. E' molto lunga. Il vecchio continua finche' ha un po' di fiato in gola. Alla fine, ormai esausto, offre l'ultima consapevolezza amara al figlio. "Non credere alle sciocchezze che ti raccontano su un Dio che ama i suoi figli e li salva. Non esiste nulla. La vita me lo ha insegnato. Esiste solo la nostra volontà. E' quella che conta. Tutto il resto sono favole stupide che ci hanno raccontato per distrarci dai problemi veri della vita." Il figlio annuisce tristemente. Non sa cosa rispondere. Ma poi capisce che non deve rispondere nulla. Deve solo ascoltare. Quelli sono gli ultimi istanti di vita del genitore. Qualsiasi cosa dica gli darà sempre ragione. Anche così manifesta il suo affetto. Alla fine del lungo e amaro elenco di raccomandazioni, l'uomo si addormenta tranquillizzato, sicuro del fatto che il figlio saprà fare tesoro dei suoi preziosi insegnamenti.

Sono passati due anni e il giovane, che adesso è felicemente sposato, ricorda ancora le parole amare del genitore ma sente in cuor suo che quegli insegnamenti non sono del tutto veritieri. Certo la vita ha dato anche a lui qualche delusione, ma egli è sempre andato avanti senza mai trasformare i sassolini in insostenibili macigni.
Una notte il giovane sogna suo padre. Non lo aveva mai sognato da quando era morto. Sta seduto in un giardino pieno di fiori, su una panchina bianca di ferro battuto, circondato da una luce irreale. Porta sul capo un cappello di paglia. In vita non ne aveva mai indossato di simili ma qualche volta aveva detto che avrebbe voluto comprarne uno. Ha un'espressione serena come non gliel'aveva mai vista quando era vivo. Nel volto rilassato si fa spazio un sorriso insolito per lui. "Figlio mio" comincia a dire con una voce quasi eterea, anch'essa irriconoscibile. "Figlio mio - riprende in tono pacato e affettuoso - Ricordi tutto quello che ti dicevo quando stavamo ancora insieme? Tutte le cose che ti ho insegnato sulla vita? Ebbene, è tutto falso. Ho sbagliato tutto. Perdonami figlio mio, e dimentica tutto ciò che ti ho detto. Io non avevo alcuna fede se non nei falsi principi inventati dagli uomini. La Verità esiste ed è infinitamente più grande delle nostre meschine e povere convinzioni. Figlio mio, non imparare le astuzie del mondo! Resta piccolo, torna bambino! E' questa la strada giusta da intraprendere: semplicità, ingenuità, candore." Poi si volta alla sua sinistra e chiama qualcuno facendogli cenno di raggiungerlo. Una bambina appare all'improvviso e gli si avvicina. Il padre, rivolto alla bambina e indicando il figlio le dice: "Forza, saluta papà!" La bimba, dell'apparente età di quattro o cinque anni, bionda, con uno strano vestitino bianco adornato di trine e nastrini rosa, solleva una manina e sorridendo accenna un saluto timido ma non dice nulla. Sorride pudica e guarda altrove, come se fosse ansiosa di ritornare ai suoi giochi.
Quando ha provato a raccontare il sogno alla moglie o a qualche amico nella speranza di essere aiutato a comprenderne il significato, tutti gli hanno detto che non doveva darsi pena, perché i sogni rappresentano solo il risultato di una rielaborazione onirica delle nostre emozioni e delle esperienze vissute. Questo può essere vero nella maggior parte dei casi, ma non nel suo. Dopo alcuni anni da quella notte, infatti, un evento eccezionale gli ha dato la prova che l'uomo col cappello di paglia apparso nel misterioso giardino era davvero il padre, e non un frutto della memoria o dell'immaginazione.
Tutto è accaduto nel giorno del compleanno di sua figlia Monica.

                                                         II                                                                             
Monica è una bellissima bambina. Questa splendida creatura ha illuminato di gioia la sua vita! Oggi Monica compie cinque anni. La suocera è venuta a trovare la nipotina portandole un regalo abbastanza originale e insolito. Un vestitino antico che apparteneva alla nonna, risalente all'inizio del '900. "Mettiglielo subito! - dice rivolta alla figlia - E' proprio della sua misura. Le starà un amore!".
Ecco la sua bambina davanti alla torta. Spegnerà le candeline con quel vestitino che la fa assomigliare a un'antica bambola di porcellana. "Sai che foto stupende verranno!" dice la suocera ammirando estasiata la nipote. Anche l'uomo ammira la bambina che indossa vezzosa quel vestitino antico adornato di trine e nastrini rosa che si armonizza così splendidamente con i suoi capelli biondi. Quando finalmente viene il momento di spegnere le candeline, un lampo nella memoria lo fa tornare indietro nel tempo. La misteriosa bambina del sogno che era apparsa accanto a suo padre, quell'aggraziata creatura che indossava un vestitino così particolare. Ecco, adesso ce l'ha davanti agli occhi. Il padre gliel'aveva mostrata mentre stava seduto sulla panchina bianca in quello strano giardino luminoso. Era proprio lei, è proprio lei: è sua figlia! Egli fa forza su di sé per non rendere visibile a tutti la grande emozione che lo sconvolge. Ma come è possibile tutto questo? Adesso risente anche le parole del padre pronunciate con una voce nuova: "Figlio mio, non imparare le astuzie del mondo. Resta piccolo, torna bambino!". Senza dubbio quelle parole gli sono state rivolte da qualcuno che ormai risiede in un luogo meraviglioso fatto di Luce e di Verità. "Su Monica, gioia di papà, spegni le candeline con un bel soffio forte forte!". Il sorriso del padre, seduto sulla panchina bianca in quel giardino fiorito circondato da una luce irreale, gli appare di nuovo davanti agli occhi nel momento in cui la figlia sta per spegnere le candeline. Adesso lo vede felice, non ha più sul volto la rabbia e l'amarezza che gli venivano dal mondo. Adesso è finalmente nella Verità.







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domenica 16 settembre 2018

IL GRANELLO DI SABBIA


Anche se un granello di sabbia si credesse superiore agli altri granelli di sabbia resterebbe sempre un insignificante e minuscolo elemento dell'universo. Soltanto insieme ai suoi simili può dare forma a una spiaggia meravigliosa o a dune che sfiorano il cielo. E così l'uomo che si compiace di se stesso è come un insignificante granello di sabbia che scompare nel palmo di una mano. In comunione con le altre creature di Dio può dare invece forma a qualcosa di meraviglioso.










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sabato 1 settembre 2018

ALLEGORIA DELLA CARITA'





Immaginate che la carita' sia come un secchio pieno d'acqua che state reggendo in una mano camminando sotto un sole cocente. Ogni tanto vi fermate per berne un po' e per rinfrescarvi la faccia. All'improvviso, mentre state camminando affaticati per il gran caldo, sul bordo della strada vedete un uomo malridotto che vi chiede di offrirgli un po' della vostra acqua. Voi gliela date. Poi, qualche metro piu' avanti, ne incontrate un altro che vi fa la stessa richiesta. Voi date soddisfazione anche a quest'altro bisognoso ma notate con preoccupazione che il livello dell'acqua nel secchio si sta abbassando. Nonostante incontriate sul vostro cammino ancora tanti altri assetati che vi chiedono disperatamente il soccorso di un po' di refrigerio, decidete di ignorarli perche' il cammino e' ancora lungo e potreste aver bisogno di bere per non sentirvi male. Dopo aver proseguito ancora per un lunghissimo tratto, oppressi da una calura insopportabile vi fermate finalmente per bere ma vi accorgete con orrore che il secchio e' vuoto perche' l'acqua e' evaporata del tutto. La sofferenza fisica che provate e' enorme, ma piu' forte della terribile arsura e' il rimorso di aver sprecato un bene cosi' prezioso senza aver prestato aiuto a coloro che forse ne avevano piu' bisogno di voi. 
Le uniche cose che davvero perdiamo nella nostra vita sono quelle che non abbiamo saputo donare agli altri.





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sabato 18 agosto 2018

CREDERE IN "IO" O CREDERE IN DIO?



Talvolta il fascino e l’ammirazione suscitati da Gesù possono indurre alcune persone a vivere la Fede in modo troppo soggettivo. Il credente si affeziona così tanto a Gesù da trasferire in Lui tutti gli aspetti della propria personalità. Il Cristo diventa così l’interprete di tutte le personali aspirazioni di ogni individuo. Anzi, diventa una “proiezione” dell’individuo, il quale finisce per crearsi un Messia a “propria immagine” decisamente lontano da quello delle Scritture. Faccio questa affermazione perché mi è capitato di parlare con persone che sostenevano di amare Gesù Cristo, ma quando ho citato alcune Sue frasi tratte dal Vangelo, queste stesse persone sono rimaste sbalordite poiché il Gesù Cristo del Vangelo (cioè quello vero) evidentemente non lo conoscevano affatto. Altre persone più ostinate pensano addirittura che io menta o che mi stia sbagliando, poiché il Gesù di cui parlo non corrisponde all’idea che essi hanno sempre avuto di Lui. Questi sono solo alcuni degli effetti di una religiosità “fai da te”, sempre più diffusa al giorno d’oggi. Dunque va benissimo l’amore per Gesù Cristo in qualsiasi modo venga espresso. Ma non dimentichiamo che prima della conoscenza spirituale è necessaria la conoscenza intellettuale e dottrinale. Altrimenti si rischia di amare e conoscere solo la propria immagine riflessa nello specchio.




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giovedì 16 agosto 2018

MA DOV'E' DIO?





Davanti alle tragedie e alle ingiustizie che si consumano nel mondo spesso gli uomini si domandano: "Ma dov'e' Dio?". Invece bisognerebbe domandarsi: "Ma dov'e' l'uomo? Dov'e' finita la creatura prediletta che Dio ha fatto a Sua immagine? A chi ha venduto il suo cuore?"

(La foto si riferisce al crollo del ponte Morandi avvenuto a Genova il 14 agosto 2018)





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lunedì 23 luglio 2018

CHE COS'E' LA VERITA'?






Gran parte dell'umanita' commette lo stesso errore che commise Pilato quando domando' a Gesu': "Che cos'e' la verita'?" senza accorgersi che la Verita' era gia' davanti ai suoi occhi.





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giovedì 19 luglio 2018

L'ULTIMA SPERANZA





Una mattina di luglio un uomo assai infelice, che si sentiva costantemente insoddisfatto di sé e che soffriva per la memoria delle tante cattiverie subite nel corso della sua vita, decise di raggiungere un convento di frati francescani che si trovava in aperta campagna. In quel convento risiedeva un anziano religioso, Fra’ Saverio, che era molto conosciuto per la sua capacità di offrire luce e conforto alle persone che soffrono. Molti andavano da lui in cerca di consigli spirituali e anche per confessarsi. L’uomo, che quella mattina camminava verso il convento nella campagna assolata, ne aveva sentito parlare spesso. Un suo conoscente aveva insistito affinche' si rivolgesse a questo frate prodigioso, il quale aveva una parola giusta e consolatoria per tutti. Egli credeva in Dio ma non era mai stato un cattolico praticante. Per questo motivo aveva indugiato molto prima di seguire il consiglio di rivolgersi al frate. Ma ad un certo punto, quando si rese conto che nessuno, né sua moglie né i suoi parenti avevano piu' voglia di ascoltare il perpetuo elenco delle sofferenze e dei mille problemi che aveva dovuto affrontare nella vita, il poveretto decise di andare da qualcuno che di sicuro lo avrebbe ascoltato e gli avrebbe dato il giusto conforto. Ed eccolo lì, in una caldissima mattina di luglio, nel viale di campagna che conduce al convento di Fra' Saverio.
Il religioso lo accolse nella sua cella. L’uomo, prima di cominciare a parlare, si guardò rapidamente intorno e fu colpito dall’arredo essenziale e poverissimo dell’ambiente. La cosa più ricca dentro quella stanza era senz’altro lo sguardo pieno di luce del frate, che gli andò subito incontro con le braccia protese. Dopo averlo abbracciato dicendo “Pace e bene!”, Fra’ Saverio invito' l'ospite ad accomodarsi su una sedia di paglia, mentre lui si mise a sedere sulla sponda del suo letto. L’uomo non sapeva come esordire, poi sospiro', si fece coraggio e comincio' a parlare. Inizio' subito a raccontargli tutte le dolorose vicissitudini della sua vita, le numerose cattiverie che aveva dovuto subire, i tradimenti degli amici, l'ingratitudine dei parenti, le ingiustizie subite sul posto di lavoro, la severità del padre che spesso da piccolo lo aveva punito con eccessiva durezza, l’incomprensione che riceveva ogni giorno da sua moglie, dai suoi figli, i conseguenti attacchi di malumore e pessimismo che spesso lo facevano isolare dagli altri. “Ma capirà padre – disse mentre il frate non smetteva di fissarlo con un sorriso dolcissimo – dopo tutto quello che ho dovuto subire nella mia vita, è il minimo che possa fare adesso, di fronte a tanta insensibilità, ottusità, egoismo: isolarmi, cercare conforto nella solitudine.” A questo punto l’uomo non disse più nulla e resto' in silenzio. Il frate lo guardava, sempre con la medesima dolcezza. Ad un certo punto Fra’ Saverio gli chiese, cambiando espressione: “Ma perché sei venuto qui, figliolo? Che cosa pensi possa fare per te?” L’uomo si sentì imbarazzato e spiazzato da questa domanda. "Padre, vorrei che lei mi desse qualche consiglio, un po’ di conforto. Che cosa devo fare per vincere tanta amarezza, per difendermi da tanta cattiveria? Certo non posso cambiare il cuore della gente. Ma allora cosa posso fare, di che cosa ho bisogno per vivere nonostante tutto in pace col mondo?". Il frate lo guardò negli occhi, poi, ripreso il suo dolce sorriso, disse con calma: “Tu hai bisogno di un buon esorcismo, figlio mio". L'uomo spalanco' gli occhi e domando' scioccato: "Un esorcismo?" "Sì - continuo' il religioso con voce serena - ma non di un esorcismo come lo immagini tu. Se ti spruzzassi addosso acqua benedetta con l'aspersorio non otterrei alcun effetto. Il diavolo si e' nascosto così bene nei tuoi pensieri che nessuna preghiera o sacramentale servirebbe a cacciarlo via o a rivelarne la presenza. Ma non preoccuparti, non e' solo un problema tuo. Molti, direi quasi tutti ce l'hanno dentro e non lo sanno. E quando pensi di essertene liberato ecco che torna subito all'attacco. Ogni notte viene a importunare anche me, qui, nella mia cella. Io però lo scaccio via con la preghiera." L'uomo non aveva quasi più la forza di parlare. Poi, innervosito dal fastidio e dall'indignazione, disse: "Ma padre, che cosa sta dicendo? Io indemoniato? Dopo tutte le cattiverie che ho subito nella mia vita l'indemoniato sarei io? E se io sono indemoniato gli altri allora che cosa sono?" "E' proprio questo il punto! - rispose il frate alzandosi dal letto e andando a prendere un libro da una mensola che sporgeva da una parete. "Vedi?- disse mostrandogli quel libro - e' gia' scritto tutto qui dentro, Lui ci ha detto già tutto. Questo è il Vangelo, fonte di vita e di vera sapienza. "Va bene, il Vangelo, ma che c'entra il fatto che io sia indemoniato?" Dopo aver riposto il libro sulla mensola, Fra' Saverio disse: "Ricordi l'episodio dell'incontro di Gesu' con il giovane ricco? Gesu' gli chiede di abbandonare tutta la sua ricchezza, ma il giovane si rifiuta, arretra e torna sui suoi passi, non sa rinunciare alla sua vita di sempre. E sai perché? Non soltanto perché era attaccato ai suoi beni materiali, ma perché si identificava con la propria ricchezza esattamente come tu ti identifichi con la tua sofferenza! In questo momento ci sono milioni di persone che contano le loro ferite pensando di essere state vittime di tutta la cattiveria del mondo. Se Nostro Signore dovesse maledirci per ogni piaga o ferita che abbiamo lasciato sul Suo Corpo con i nostri peccati non ci sarebbe più una sola creatura vivente sulla faccia della Terra, perché si sarebbe abbattuto su di noi un castigo di gran lunga peggiore del diluvio universale! Invece Egli ci ama, continua ad amarci e a perdonarci. E allora - disse facendosi a un tratto torvo e severo - adesso, in questo preciso istante perdona tutti coloro che ti hanno fatto del male perché tu te ne fai ancora di più con il tuo rancore! E' questo l'esorcismo di cui hai bisogno, e lo puoi compiere tu, con la tua voglia di cambiare vita e di essere libero una volta per tutte!!" Un giovane confratello, sentendo Fra' Saverio alzare la voce, passò davanti alla porta della cella che era rimasta aperta. Fra' Saverio lo tranquillizzo' con un gesto e il giovane frate si allontano'. "Non ho più nulla da dirti, figlio mio" riprese il religioso tornando a sedere sul suo letto. L'uomo era sconvolto, agitato da un turbinio di pensieri e di sentimenti confusi. Usci' dalla cella senza salutare e senza nemmeno chiedergli la benedizione e s'incammino' per i lunghi corridoi del convento cercando l'uscita. Il fresco di quei corridoi gli sembrava adesso un gelo che paralizzava il cuore. 
Varcata la soglia del convento si ritrovò di nuovo nell'assolata campagna, smarrito, stordito come se una violentissima tempesta lo avesse travolto. Mentre camminava nel viale che lo conduceva lontano dal convento senti' bruciargli forte le tempie. Anche il canto perpetuo dei grilli tra le siepi era diventato ossessivo come una tortura. Lui era andato lì pensando che quel frate fosse l'ultima speranza, l'ultima possibilita' di conforto, di sollievo per le sue amarezze ed era stato trattato così, come se il colpevole della propria sofferenza fosse soltanto lui. Mentre rifletteva, ancorato sempre allo stesso pensiero, incominciò perfino a provare rancore per quel frate, e già meditava di parlarne male in giro raccontando a tutti la sua deludente esperienza. Anche l'anziano frate meritava senz'altro di essere annoverato nella lunga lista delle persone che gli avevano fatto del male. Nella sua veste di religioso era stato addirittura il peggiore di tutti, considerato che invece di offrirgli il giusto conforto e una risposta risolutiva lo aveva accusato. Ad ogni passo che faceva il suo rancore aumentava sempre piu' fino ad assumere le spaventose proporzioni di un odio che gli macerava la mente e il cuore. All'improvviso, piu' forte del calore estivo che lo avvolgeva, senti' un fuoco crescergli dentro come una vampa alimentata dal vento. Si fermo' spaventato, si guardo' intorno. Al posto della campagna c'era un deserto, e lui era da solo, li', divorato dal rancore, e il perpetuo ronzio dei grilli si era trasformato in un sibilo di serpi. Cadde in ginocchio coprendosi le orecchie con i palmi delle mani e piangendo si mise a gridare: "Basta! Basta!!". Dopo un po', molto lentamente, torno' a guardarsi intorno e rivide la campagna, risenti' la voce dei grilli. Da lontano vide il convento sulla sommita' della collina. Si alzo' in piedi e comincio' a camminare verso quella direzione. Mentre camminava si rese conto che Fra' Saverio aveva ragione. Soltanto adesso sentiva finalmente il peso salutare e salvifico di quell'ammonimento che era stato per lui come un violento schiaffo al proprio orgoglio. Egli aveva senz'altro bisogno di essere liberato da qualcosa che lo opprimeva da anni rendendolo infelice. Comincio' dunque a correre verso il convento come un assetato corre verso la fonte per non morire. Quando era ormai a pochi metri dal portone d'ingresso, qualcuno venne ad aprire per farlo entrare. Era un giovane frate che l'aveva visto arrivare da lontano. L'uomo, ansimante e sudato, non seppe dirgli nulla. Era stanco e nello stesso tempo agitato dalle nuove consapevolezze che si stavano facendo spazio con tanta forza nel suo cuore. Il giovane frate lo guardo' negli occhi, lo invito' a riprendere fiato, poi gli poso' dolcemente una mano sulla spalla e disse calmo e sereno: "Fra' Saverio ti sta aspettando".





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martedì 17 luglio 2018

L'ABITO DEL PRETE



Un giovane sacerdote, da poco ordinato, volle fare un esperimento: andare in giro per la citta' "indossando la tonaca". Per un prete dovrebbe essere la cosa piu' naturale del mondo, ma egli sapeva che molti sacerdoti non vestono più la talare. In seminario spesso ne aveva discusso con i suoi colleghi di studio. La maggior parte di loro sosteneva che non è importante l’abito ma la disposizione del cuore. Altri ritenevano che la tonaca fosse poco pratica e poco indicata a causa del colore scuro che tende ad allontanare la gente. Per capire se quest’ultima tesi fosse vera aveva bisogno di recarsi in un luogo il più possibile affollato. Pensò dunque alla stazione della metropolitana.

Mentre passeggiava avanti e indietro sulla banchina si accorse di essere guardato dalla maggior parte dei viaggiatori. Quando poi salì sul treno notò che tutti i passeggeri, soprattutto i più giovani, avevano sollevato lo sguardo dai loro cellulari fissandolo incuriositi e divertiti. Lui fece finta di nulla e andò tranquillamente a sedere. Alcuni si scambiarono tra loro commenti sottovoce; altri si coprivano la bocca con la mano per nascondere una risata. A un tratto, preso da un forte disagio si alzò e si fece spazio tra la gente per andare in un altro vagone; ma anche lì la situazione non cambiò molto. Alla fine, sopraffatto dall’imbarazzo fu costretto a scendere in una stazione qualsiasi.
Tornato a casa raccontò alla madre del disagio che aveva provato. “Possibile che al giorno d'oggi un sacerdote debba essere guardato come un alieno? E’ forse colpa della tonaca o di qualcos’altro?”. Ella rispose: “Figlio mio, tu sei un prete e hai il dovere di farti riconoscere come tale. Che t’importa che ormai la talare non la indossa quasi più nessuno? I poliziotti non indossano l’uniforme? E i medici, non indossano il camice bianco forse? La differenza è che loro lo fanno solo quando sono in servizio, mentre tu devi farlo sempre, perché sei sempre al servizio di Nostro Signore Gesù Cristo.”

Il giorno seguente il giovane sacerdote uscì di nuovo dalla chiesa con la tonaca e s’incamminò verso la metropolitana. Le parole di sua madre gli avevano dato coraggio. Nel treno, in mezzo alla folla, sentì di nuovo gli occhi dei viaggiatori puntati su di lui, ma lui ricambiò tutti quegli sguardi con un sorriso benevolo. Uscito dalla stazione della metro vide un barbone che giaceva su un materasso sudicio con accanto a sé un piattino per l’elemosina e un cartello con su scritto: “VENGO DA LONTANO”. Il sacerdote tirò fuori venti euro dal portafoglio e li mise nel piattino. Poi si chinò su di lui e gli domandò: “Da dove vieni?”. Il barbone disse con amarezza: “Padre, lei si è fermato per farmi un’elemosina ma il buon Dio deve essersi scordato di me.” “Ma no - rispose il giovane - il Signore non dimentica nessuno dei Suoi figli! Ecco, oggi ha mandato me e domani ti manderà un altro amico.” Poi gli diede l’indirizzo della Caritas diocesana dove avrebbe ricevuto degli abiti puliti e un pasto caldo. Il barbone lo ringraziò e disse: “Vuole sapere davvero da dove vengo padre? Dalla “fine del mondo”, come Papa Francesco!”.
Il giovane fu molto contento dell’esito di questo incontro. Con passo più sicuro ed animo sollevato si avviò dunque verso i giardini pubblici. Mentre camminava sereno sentì che la tonaca si faceva sempre più leggera sul suo corpo. Non gli pesava più ad ogni passo, e i suoi lembi sventolavano nell’aria fresca come una bandiera di amicizia e di fraternità. Quando finalmente raggiunse i giardinetti qualcosa attirò la sua attenzione. All’ombra di un platano un uomo anziano stava seduto su una panchina tenendosi la testa fra le mani. Fece per avvicinarsi, ma pensando di importunarlo ebbe un po’ di esitazione. Gli si accostò dunque molto lentamente e rimase in piedi davanti a lui, in silenzio. Con molta tristezza si accorse che stava piangendo. Non poté fare a meno dunque di sedergli accanto. Dopo qualche secondo l’uomo si voltò verso di lui e, senza dire nulla, si accasciò sulla sua spalla continuando a versare lacrime. Il giovane sacerdote lo strinse affettuosamente tra le braccia. Non volle chiedergli nulla, nemmeno il motivo di quel pianto. Rimasero per qualche minuto così. Il giovane stringeva a sé il dolore di quel pover’uomo che gli bagnava la tonaca con le sue lacrime singhiozzando come un bambino tra le braccia della madre. Alla fine l’infelice sollevò il volto bagnato dalla sua spalla e disse: “Mi scusi padre, ma avevo proprio bisogno dell’abbraccio di qualcuno. E se questo qualcuno è un sacerdote vuol dire che Dio ha avuto misericordia di me. Grazie”. Dopo aver pronunciato queste parole si allontanò e scomparve tra la gente. Il giovane era rimasto seduto sulla panchina senza riuscire a dire nulla, nemmeno a capire quale dramma si potesse nascondere dietro un simile pianto. Si alzò mestamente e cominciò ad incamminarsi pensieroso. Fatti pochi passi, sentì all’improvviso una voce femminile alle sue spalle che gridava: “Padre! Padre!!”. Una donna sui quarant’anni gli stava correndo incontro. Quando finalmente lo raggiunse disse ansimando: “Mi scusi padre, l’ho vista da lontano. Ho un bisogno urgente di confessarmi, la prego, ne ho davvero bisogno!” Il giovane fu stupito da tanta irruenza. “Ma come? Qui, adesso? Il suo parroco non può?” Padre, io non vivo in questa città - rispose lei - mi trovo qui soltanto per risolvere un problema legale con i miei fratelli a causa di un’eredità. Quando l’ho vista da lontano, in mezzo alla gente, non mi è sembrato vero. Un sacerdote proprio nel momento in cui desideravo confessarmi. La prego, non mi neghi questa possibilità!” Il giovane si guardò intorno imbarazzato, poi scorse un angolo più tranquillo dove c’era un muretto in ombra e invitò la donna a seguirlo. Quando furono seduti su quel muretto che li teneva distanti dai rumori delle automobili e dalle voci dei bambini che giocavano, la donna cominciò a confessarsi. Mentre con voce bassa e pudica ella enumerava le sue colpe, il giovane sacerdote capì che quella mattina, senza la tonaca, un ministro di Dio sarebbe passato inosservato agli occhi del mondo. Un uomo solo e sofferente non avrebbe avuto una spalla su cui piangere, e una donna con urgente bisogno di pace interiore non avrebbe provato la gioia di potersi riconciliare con Dio. Ringraziò dunque il Signore per avergli ispirato la vocazione del sacerdozio e per avergli fatto il dono di accogliere tra le sue braccia e sulla sua veste i dolori e le speranze di coloro che lo amano e credono in Lui.













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lunedì 16 luglio 2018

IL MAGNIFICO DONO DEL BATTESIMO



Tra le più aberranti e false convinzioni che da un po’ di tempo si fanno strada nell’ opinione pubblica laicista, c’è quella che il Battesimo è un’imposizione subita dall’individuo quando ancora non aveva la possibilità di scegliere. Dunque si tratterebbe quasi di un abuso, di un ingiusto arbitrio esercitato nei confronti di una persona ancora priva di libera volontà. E’ evidente la capziosa assurdità di una simile tesi, anche perché il Battesimo non è l’unica cosa che i genitori hanno deciso per i loro figli. Essi hanno deciso praticamente tutto per loro, a cominciare dal nome (che una volta veniva infatti chiamato “nome di Battesimo”). E’ forse anche il nome ricevuto un’ingiusta imposizione? E così tutte le altre cose che i genitori hanno deciso per i figli, finché essi non sono diventati completamente autonomi, sono forse ingiuste imposizioni? Dal mio punto di vista, ovvero quello di un fedele cristiano, tra le tante cose che i genitori decidono per i loro figli il Battesimo è senz’altro la più bella e nello stesso tempo la più innocente. Difficile dunque capire per quale motivo molti stiano correndo a farsi “sbattezzare”, incitati da associazioni che proclamano con orgoglio il loro ateismo e presunto razionalismo. Mi è stato addirittura raccontato di una persona che ha incorniciato il suo certificato di sbattezzo per appenderlo in salotto quasi fosse un trofeo! Evidentemente, tra le tante forme di fanatismo contemporaneo vi è anche quello degli atei, o di coloro che in qualche modo vogliono dimostrare di esserlo. Per concludere “cristianamente” questo mio piccolo intervento a favore del Battesimo, voglio ricordare che qui sulla Terra per avere un premio, un riconoscimento, una gratificazione, bisogna meritarseli con fatica e sacrificio. Il Battesimo è invece come un “premio” che ci è stato dato in anticipo. Sarà in tutto il resto della nostra vita che dovremo dimostrare di aver meritato il magnifico dono di questo meraviglioso Sacramento.










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martedì 10 luglio 2018

LA MORTE E' UNA BUGIA






La morte ha l'assurda pretesa di volerci togliere in un istante tutte le cose meravigliose che Dio ci ha donato: la luce, il sole, l'amore, la vita stessa. In piu' vorrebbe farci credere che tutto si conclude qui sulla Terra, e che dunque ogni uomo ha una scadenza oltre la quale i sogni e le speranze si spengono. Infine vorrebbe farci credere che della creatura fatta a immagine di Dio non restera' che un mucchietto di ossa o di cenere, e talvolta neanche questo. La morte vorrebbe farci credere che presto saremo dimenticati, e che il tempo passera' su di noi come un colpo di vento che spazza via i ricordi. Vorrebbe darci a intendere che ogni sforzo e' stato inutile, e cosi' ogni progetto, ogni sentimento. La morte si arroga il diritto di essere suggello e compimento di ogni esistenza facendoci pensare che in fondo si nasce solo per morire. La morte crede di poterci rubare il cuore, di poter cancellare i passi che abbiamo lasciato sulle strade del mondo, i sorrisi che abbiamo donato, le carezze che abbiamo ricevuto e gli abbracci che hanno unito il nostro cuore a quello di chi ci ha voluto bene. Crede di portare via i nostri giochi, la nostra infanzia, il sapore delle torte e delle favole, l'odore vivo di un prato bagnato dalla pioggia, il caldo sapore delle lacrime e l'affetto di chi ce le ha asciugate. Tante altre cose preziose di noi la morte vorrebbe chiudere per sempre nel suo sacco prima di scaraventarlo nell'abisso del niente. Ma ci sono bugie cosi' grosse che nemmeno il piu' sciocco degli sciocchi ci crederebbe. La morte non e' altro che la piu' volgare e patetica bugia della nostra vita.







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domenica 8 luglio 2018

CORCOVADO


Sulla montagna del Corcovado, a Rio de Janeiro, si erge l'imponente statua del Cristo Redentore la cui costruzione fu terminata nel 1931. Provate ad osservare la formazione rocciosa che si trova di fronte al Corcovado e che delimita la baia. Non vi sembra di scorgere la sagoma del Cristo con le braccia aperte visto di spalle? Sembra che la natura abbia voluto scolpire l'immagine del Redentore che abbraccia l'umanita' prima che lo facessero gli uomini.











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domenica 1 luglio 2018

L' AUTOGRAFO






Se chiedessimo a Dio di farci un autografo, Egli risponderebbe: "Sei tu il mio autografo."








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sabato 16 giugno 2018

IL PIANETA DELLE SCIMMIE





                     



Finché gli evoluzionisti seguaci delle teorie di Darwin non saranno stati in grado di spiegarmi come mai l'uomo abbia ricevuto in dono un'intelligenza che lo rende di fatto superiore a tutti gli altri esseri viventi, io continuerò a credere fermamente che l'uomo è stato fatto a immagine di Dio. Darwin compreso.









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sabato 9 giugno 2018

CHE COSA VUOL DIRE LA PAROLA ATEO?


La parola "ateo" viene dal greco "a-theos" che vuol dire letteralmente "senza Dio". Chi proclama dunque con orgoglio "Io sono ateo" sta dichiarando di essere un "senza Dio". Cosi' dicendo non dimostra che Dio non esiste, dimostra solo di averlo allontanato dal proprio cuore.


"ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo"

(S. Paolo, lettera agli Efesini 2, 12)




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sabato 19 maggio 2018

CREDERE IN DIO


Non si crede in Dio per vincere la paura della morte, ma per capire il senso della vita.








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sabato 12 maggio 2018

NOI NON SIAMO COINCIDENZE


Chi di voi pensa di essere frutto di una coincidenza? Questo vorrebbe dire che siete solo il prodotto fortuito dell'incontro tra un uomo e una donna, i vostri genitori appunto, e che per caso essi si sono incontrati e sempre per caso vi hanno messo al mondo. Se così fosse, noi non saremmo delle creature ma soltanto i casuali prodotti di un'assurda lotteria. Il Signore non lascia nulla al caso, e seppure qualcosa avvenisse per caso su questa Terra Egli la trasformerebbe subito in un elemento necessario e compartecipe del Suo progetto d'amore. Quante volte vi sarete chiesti: "Perché sono nato in questa città e non altrove?" o anche "Perché sono nato in questa famiglia e non in un'altra?" oppure "Perché ho sposato proprio questa persona? Era destino che ci incontrassimo o è stata tutta una combinazione?". E chissà quante altre domande vi sarete posti sull'origine di tanti eventi della vostra vita! Ecco, da oggi in poi non chiedetevi più nulla. Primo perché non riuscireste mai a trovare una risposta convincente; secondo perché così mettereste in dubbio l'efficacia dell'operato di Dio o, peggio, avanzereste la malsana ipotesi che Egli agisca senza criterio, come se noi fossimo palline impazzite che girano vorticosamente nella roulette fino a fermarsi sopra un numero qualsiasi. Ma per fortuna la vita non è un gioco d'azzardo fatto solo di coincidenze e di casualità. Noi che siamo piccole creature imperfette abbiamo comunque dei progetti, perseguiamo degli scopi, pianifichiamo la nostra esistenza. Alcune cose le portiamo a termine, altre no, ma nessun essere umano sarebbe disposto ad affidare la propria vita ai capricci del caso. E così Dio, Padre perfetto e infallibile, non avrebbe mai lasciato che fosse il caso a governare l'Universo.





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martedì 8 maggio 2018

SUPPLICA ALLA REGINA DEL SS. ROSARIO DI POMPEI (TESTO INTEGRALE)





Oggi alle ore 12.00 si recita la Supplica alla Regina del SS. Rosario di Pompei. Scritta dal Beato Bartolo Longo nel 1883, viene recitata l'otto maggio e nella prima domenica di ottobre. Tutti i fedeli cattolici del mondo elevano questa potente e commovente invocazione a Maria. Facciamolo anche noi! La nostra Mamma Celeste non resterà indifferente al grido accorato dei Suoi figli. Per chi non avesse già il testo della Supplica, eccone qui la versione integrale.


Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

O Augusta Regina delle Vittorie, o Sovrana del Cielo e della Terra, al cui nome si rallegrano i cieli e tremano gli abissi, o Regina gloriosa del Rosario, noi devoti figli tuoi, raccolti nel tuo Tempio di Pompei, in questo giorno solenne, effondiamo gli affetti del nostro cuore e con confidenza di figli ti esprimiamo le nostre miserie.
Dal Trono di clemenza, dove siedi Regina, volgi, o Maria, il tuo sguardo pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, sul mondo. Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. Vedi, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo, quante calamità ed afflizioni ci costringono.
O Madre, implora per noi misericordia dal Tuo Figlio divino e vinci con la clemenza il cuore dei peccatori. Sono nostri fratelli e figli tuoi che costano sangue al dolce Gesù e contristano il tuo sensibilissimo Cuore. Mostrati a tutti quale sei, Regina di pace e di perdono.


Ave Maria


 È vero che noi, per primi, benché tuoi figli, con i peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù e trafiggiamo nuovamente il tuo cuore.
Lo confessiamo: siamo meritevoli dei più aspri castighi, ma tu ricordati che sul Golgota, raccogliesti, col Sangue divino, il testamento del Redentore moribondo, che ti dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori.
Tu dunque, come Madre nostra, sei la nostra Avvocata, la nostra speranza. E noi, gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
O Madre buona, abbi pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri defunti, soprattutto dei nostri nemici e di tanti che si dicono cristiani, eppur offendono il Cuore amabile del tuo Figliolo. Pietà oggi imploriamo per le Nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, perché pentito ritorni al tuo Cuore.
Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia!
 
Ave Maria


Degnati benevolmente, o Maria, di esaudirci! Gesù ha riposto nelle tue mani tutti i tesori delle Sue grazie e delle Sue misericordie.
Tu siedi, coronata Regina, alla destra del tuo Figlio, splendente di gloria immortale su tutti i Cori degli Angeli. Tu distendi il tuo dominio per quanto sono distesi i cieli, e a te la terra e le creature tutte sono soggette. Tu sei l’onnipotente per grazia, tu dunque puoi aiutarci. Se tu non volessi aiutarci, perché figli ingrati ed immeritevoli della tua protezione, non sapremmo a chi rivolgerci. Il tuo cuore di Madre non permetterà di vedere noi, tuoi figli, perduti, Il Bambino che vediamo sulle tue ginocchia e la mistica Corona che miriamo nella tua mano, ci ispirano fiducia che saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in te, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, e, oggi stesso, da te aspettiamo le sospirate grazie.
 

Ave Maria


Un’ultima grazia noi ora ti chiediamo, o Regina, che non puoi negarci in questo giorno solennissimo. Concedi a tutti noi l’amore tuo costante ed in modo speciale la materna benedizione. Non ci staccheremo da te finché non ci avrai benedetti. Benedici, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice. Agli antichi splendori della tua Corona, ai trionfi del tuo Rosario, onde sei chiamata Regina delle Vittorie, aggiungi ancor questo, o Madre: concedi il trionfo alla Religione e la pace alla Società umana. Benedici i nostri Vescovi, i Sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l’onore del tuo Santuario. Benedici infine tutti gli associati al tuo Tempio di Pompei e quanti coltivano e promuovono la devozione al Santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria, Catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo d’amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia, a te l’ultimo bacio della vita che si spegne.
E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti.
Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra ed in cielo. Amen.


Salve Regina

sabato 5 maggio 2018

L'AMORE E IL FRANCOBOLLO


Un vecchio nobiluomo che viveva nella sua villa di lusso in compagnia degli ultimi fedelissimi collaboratori, chiamo' una mattina uno di questi e gli disse: "Giovanni, ho un compito importante da affidarti. Vai a comprarmi un francobollo." "Un francobollo?" chiese stupito l'affezionato collaboratore. "Si', un francobollo. Mi serve entro oggi". Dopo avergli specificato che tipo di francobollo doveva acquistare, il nobiluomo lo congedo' raccomandandogli di fare presto. Nella villa c'erano in tutto dieci persone al suo servizio, e ognuna si prendeva cura di lui con affetto e riconoscenza come si fa con un anziano genitore. Anche Giovanni lo aveva sempre servito con premura e rispetto, ed era colui che da piu' tempo si trovava alle sue dipendenze. Per questo motivo si meraviglio' molto che il padrone gli avesse affidato un compito cosi' insignificante. "Non c'e' proprio nient'altro che posso fare per lei eccellenza?" (lo chiamavano tutti cosi' nella villa). "No Giovanni, ho soltanto bisogno di un francobollo per la mia lettera, e lo voglio entro stamattina." "Eccellenza, non vuole darmi anche la lettera che gliela spedisco io?" "No, questo e' un compito che daro' a qualcun altro." Davvero il poverino non si capacitava. Forse il padrone cominciava a pensare che egli stesse diventando troppo vecchio per affidargli incarichi piu' importanti, o magari non si fidava piu' di lui. In ogni modo, mentre si recava alla tabaccheria giu' in paese, decise di fargli una sorpresa. Dopo aver acquistato il francobollo passo' dal fruttivendolo e compro' due chili di arance di giardino belle profumate. Sapeva che il padrone le adorava. In tabaccheria aveva gia' comprato una scatola di sigari, di quelli che l'anziano nobiluomo amava fumare dopo pranzo seduto in poltrona nello studio. Poi, passando davanti alla salumeria, gli venne l'idea di comprare due etti di prosciutto cotto di una qualita' che il padrone prediligeva. Infine passo' dal fioraio per comprare una piantina di gerani. Il padrone li amava perche' gli ricordavano sua madre, che pure li amava e ne aveva posseduto di varie specie e colori. Con l'ingombro di tutte queste cose tra le mani, ma felice di poter dimostrare cosi' il suo immenso affetto per chi l'aveva sempre trattato come un figlio, Giovanni s'incammino' orgoglioso lungo il sentiero che conduceva alla villa.
Quando il padrone se lo trovo' davanti carico di tutta quella roba gli chiese subito: "Dov'e' il mio francobollo?" Giovanni si meraviglio' che non avesse fatto caso a tutto il resto. "Un momento eccellenza". Poso' per terra la piantina e le borse della spesa e comincio' a frugarsi nelle tasche. Cerco' in quelle anteriori e posteriori del pantalone, poi sondo' con le dita il taschino della camicia, infine affondo' le mani nelle tasche della giacca. Preso dal panico frugo' anche nella busta della salumeria e tra le arance. Niente. Non riusciva piu' a trovarlo. Il padrone lo guardava irritato e deluso. "Le chiedo scusa eccellenza, sono mortificato. Devo averlo perso". Quasi si metteva a piangere. "Giovanni, Giovanni, che mi combini? Da quando sei al mio servizio ti ho affidato tanti incarichi importanti e proprio il piu' semplice non sei stato capace di portarlo a termine?" Giovanni decise di essere sincero. "Si' eccellenza, forse proprio per questo ho sbagliato. Mi sembrava troppo semplice. Volevo fare qualcosa di piu', perche' quello che faccio per lei non mi sembra mai abbastanza". "E cosi' - rispose il padrone - questo incarico ti e' sembrato troppo banale e non certo degno dell'affetto che hai per me?" Giovanni annui'. "Ma lo sai che quel francobollo mi serviva per spedire una lettera molto importante al mio figlio maggiore che non vedo da anni? Lo so che ci sono mezzi molto piu' veloci. Ma per quello che ho da scrivergli ci vuole una lettera vergata a mano come quelle di una volta. Hai capito adesso a che cosa mi serviva il francobollo? Tu hai creduto che fosse una cosa banale, e invece per me era molto importante." Giovanni teneva lo sguardo basso e non diceva piu' nulla. "Per amor mio volevi fare qualcosa di speciale, lo so, ma in futuro cerca di non fare piu' di quello che ti chiedo, che per me e' gia' tantissimo. Io do a ciascuno di voi un recipiente da riempire con l'acqua del vostro amore. Non importa quanto sia grande il recipiente, quel che conta e' che non lo lasciate mai vuoto."

Questo apologo ha lo scopo di ricordare che il Signore ha un progetto per ciascuno di noi, e da nessuno pretende piu' di quanto sia capace di dargli. A nessuno Egli chiede di costruire cattedrali, ma semplicemente di assolvere con gioia e obbedienza i piccoli compiti che ogni giorno ci affida. Questi compiti possono sembrare piccoli a noi, ma per Lui sono gia' prove grandissime del nostro amore di figli.



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