La preghiera non è una condizione passiva. Il fedele invoca, chiede qualcosa al Signore ma nel contempo si impegna solennemente a fare qualcosa per Lui. Il Padre Nostro, nelle sue poche e splendide parole, contiene allo stesso tempo un atto di adorazione, un’accorata invocazione e un impegno a cui il credente si vincola con una promessa che va mantenuta. Adoriamo il Signore dicendo: “Padre Nostro che sei nei Cieli, sia santificato il Tuo Nome”. Esprimiamo un desiderio fondamentale dell’anima quando esclamiamo con fiducia di figli: “Venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua Volontà”. E ancora imploriamo il nutrimento del corpo e dell’anima chiedendo il “nostro Pane quotidiano”. Supplichiamo speranzosi il Suo perdono e ci impegniamo a perdonare i nostri fratelli dicendo: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. E ancora: “Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male”. Quell’espressione così controversa che inizia col “Non indurci…” lascerebbe pensare che sia il Signore a metterci in condizione di essere tentati dal Maligno. In realtà anche con queste parole noi ci stiamo impegnando a resistere con tutta la nostra forza, e con il Suo provvidenziale aiuto, alle molteplici tentazioni con cui il Maligno ci investe ogni giorno della nostra vita. Dunque la preghiera va vissuta come atto di resistenza attiva e non passiva contro le spire del demonio. Ogni volta che recitiamo il Padre Nostro ci stiamo impegnando davanti al Signore a fare concretamente qualcosa per Lui e per la nostra salvezza. Facciamo in modo che quelle meravigliose parole non rimangano tali, e non abbiano tra le nostre labbra il sapore di una promessa non mantenuta.
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