Una mattina di luglio un uomo assai infelice, che si sentiva costantemente insoddisfatto di sé e che soffriva per la
memoria delle tante cattiverie subite nel corso della sua vita, decise di raggiungere un
convento di frati francescani che si trovava in aperta campagna. In quel convento risiedeva un anziano religioso,
Fra’ Saverio, che era molto conosciuto per la sua capacità di offrire luce
e conforto alle persone che soffrono. Molti andavano da lui in cerca di consigli spirituali e anche per
confessarsi. L’uomo, che quella mattina camminava verso il convento nella campagna assolata, ne aveva sentito parlare spesso. Un suo conoscente aveva insistito affinche' si rivolgesse a questo frate prodigioso, il quale aveva una parola giusta e
consolatoria per tutti. Egli credeva in Dio ma non era mai stato un cattolico
praticante. Per questo motivo aveva indugiato molto prima di seguire il consiglio di rivolgersi al frate. Ma ad un certo punto, quando si rese conto che nessuno, né sua moglie né i suoi parenti avevano piu' voglia di ascoltare il perpetuo elenco delle sofferenze e dei mille problemi che aveva dovuto
affrontare nella vita, il poveretto decise di andare da qualcuno che di sicuro
lo avrebbe ascoltato e gli avrebbe dato il giusto conforto. Ed eccolo lì, in
una caldissima mattina di luglio, nel viale di
campagna che conduce al convento di Fra' Saverio.
Il religioso lo accolse
nella sua cella. L’uomo, prima di cominciare a parlare, si guardò rapidamente
intorno e fu colpito dall’arredo essenziale e poverissimo dell’ambiente. La cosa
più ricca dentro quella stanza era senz’altro lo sguardo pieno di luce del frate, che gli andò subito incontro con le braccia protese. Dopo averlo abbracciato
dicendo “Pace e bene!”, Fra’ Saverio invito' l'ospite ad accomodarsi su una sedia di
paglia, mentre lui si mise a sedere sulla sponda del suo letto. L’uomo non sapeva come
esordire, poi sospiro', si fece coraggio e comincio' a parlare. Inizio' subito a raccontargli tutte le
dolorose vicissitudini della sua vita, le numerose cattiverie che aveva dovuto
subire, i tradimenti degli amici, l'ingratitudine dei parenti, le ingiustizie subite sul
posto di lavoro, la severità del padre che spesso da piccolo lo aveva punito con eccessiva durezza, l’incomprensione che riceveva ogni giorno da sua moglie, dai suoi
figli, i conseguenti attacchi di malumore e pessimismo che spesso lo facevano
isolare dagli altri. “Ma capirà padre – disse mentre il frate non smetteva di
fissarlo con un sorriso dolcissimo – dopo tutto quello che ho dovuto subire nella
mia vita, è il minimo che possa fare adesso, di fronte a tanta insensibilità,
ottusità, egoismo: isolarmi, cercare conforto nella solitudine.” A questo punto
l’uomo non disse più nulla e resto' in silenzio. Il frate lo guardava,
sempre con la medesima dolcezza. Ad un certo punto Fra’ Saverio gli chiese,
cambiando espressione: “Ma perché sei venuto qui, figliolo? Che cosa pensi possa fare per te?” L’uomo si
sentì imbarazzato e spiazzato da questa domanda. "Padre, vorrei che lei mi desse qualche consiglio, un po’ di conforto. Che cosa devo
fare per vincere tanta amarezza, per difendermi da tanta cattiveria? Certo non posso cambiare il cuore della gente. Ma allora cosa posso fare, di che cosa ho bisogno per vivere nonostante tutto in pace col mondo?". Il frate lo guardò negli occhi, poi, ripreso il suo dolce
sorriso, disse con calma: “Tu hai bisogno di un buon esorcismo, figlio mio". L'uomo spalanco' gli occhi e domando' scioccato: "Un esorcismo?" "Sì - continuo' il religioso con voce serena - ma non di un esorcismo come lo immagini tu. Se ti spruzzassi addosso acqua benedetta con l'aspersorio non otterrei alcun effetto. Il diavolo si e' nascosto così bene nei tuoi pensieri che nessuna preghiera o sacramentale servirebbe a cacciarlo via o a rivelarne la presenza. Ma non preoccuparti, non e' solo un problema tuo. Molti, direi quasi tutti ce l'hanno dentro e non lo sanno. E quando pensi di essertene liberato ecco che torna subito all'attacco. Ogni notte viene a importunare anche me, qui, nella mia cella. Io però lo scaccio via con la preghiera." L'uomo non aveva quasi più la forza di parlare. Poi, innervosito dal fastidio e dall'indignazione, disse: "Ma padre, che cosa sta dicendo? Io indemoniato? Dopo tutte le cattiverie che ho subito nella mia vita l'indemoniato sarei io? E se io sono indemoniato gli altri allora che cosa sono?" "E' proprio questo il punto! - rispose il frate alzandosi dal letto e andando a prendere un libro da una mensola che sporgeva da una parete. "Vedi?- disse mostrandogli quel libro - e' gia' scritto tutto qui dentro, Lui ci ha detto già tutto. Questo è il Vangelo, fonte di vita e di vera sapienza. "Va bene, il Vangelo, ma che c'entra il fatto che io sia indemoniato?" Dopo aver riposto il libro sulla mensola, Fra' Saverio disse: "Ricordi l'episodio dell'incontro di Gesu' con il giovane ricco? Gesu' gli chiede di abbandonare tutta la sua ricchezza, ma il giovane si rifiuta, arretra e torna sui suoi passi, non sa rinunciare alla sua vita di sempre. E sai perché? Non soltanto perché era attaccato ai suoi beni materiali, ma perché si identificava con la propria ricchezza esattamente come tu ti identifichi con la tua sofferenza! In questo momento ci sono milioni di persone che contano le loro ferite pensando di essere state vittime di tutta la cattiveria del mondo. Se Nostro Signore dovesse maledirci per ogni piaga o ferita che abbiamo lasciato sul Suo Corpo con i nostri peccati non ci sarebbe più una sola creatura vivente sulla faccia della Terra, perché si sarebbe abbattuto su di noi un castigo di gran lunga peggiore del diluvio universale! Invece Egli ci ama, continua ad amarci e a perdonarci. E allora - disse facendosi a un tratto torvo e severo - adesso, in questo preciso istante perdona tutti coloro che ti hanno fatto del male perché tu te ne fai ancora di più con il tuo rancore! E' questo l'esorcismo di cui hai bisogno, e lo puoi compiere tu, con la tua voglia di cambiare vita e di essere libero una volta per tutte!!" Un giovane confratello, sentendo Fra' Saverio alzare la voce, passò davanti alla porta della cella che era rimasta aperta. Fra' Saverio lo tranquillizzo' con un gesto e il giovane frate si allontano'. "Non ho più nulla da dirti, figlio mio" riprese il religioso tornando a sedere sul suo letto. L'uomo era sconvolto, agitato da un turbinio di pensieri e di sentimenti confusi. Usci' dalla cella senza salutare e senza nemmeno chiedergli la benedizione e s'incammino' per i lunghi corridoi del convento cercando l'uscita. Il fresco di quei corridoi gli sembrava adesso un gelo che paralizzava il cuore.
Varcata la soglia del convento si ritrovò di nuovo nell'assolata campagna, smarrito, stordito come se una violentissima tempesta lo avesse travolto. Mentre camminava nel viale che lo conduceva lontano dal convento senti' bruciargli forte le tempie. Anche il canto perpetuo dei grilli tra le siepi era diventato ossessivo come una tortura. Lui era andato lì pensando che quel frate fosse l'ultima speranza, l'ultima possibilita' di conforto, di sollievo per le sue amarezze ed era stato trattato così, come se il colpevole della propria sofferenza fosse soltanto lui. Mentre rifletteva, ancorato sempre allo stesso pensiero, incominciò perfino a provare rancore per quel frate, e già meditava di parlarne male in giro raccontando a tutti la sua deludente esperienza. Anche l'anziano frate meritava senz'altro di essere annoverato nella lunga lista delle persone che gli avevano fatto del male. Nella sua veste di religioso era stato addirittura il peggiore di tutti, considerato che invece di offrirgli il giusto conforto e una risposta risolutiva lo aveva accusato. Ad ogni passo che faceva il suo rancore aumentava sempre piu' fino ad assumere le spaventose proporzioni di un odio che gli macerava la mente e il cuore. All'improvviso, piu' forte del calore estivo che lo avvolgeva, senti' un fuoco crescergli dentro come una vampa alimentata dal vento. Si fermo' spaventato, si guardo' intorno. Al posto della campagna c'era un deserto, e lui era da solo, li', divorato dal rancore, e il perpetuo ronzio dei grilli si era trasformato in un sibilo di serpi. Cadde in ginocchio coprendosi le orecchie con i palmi delle mani e piangendo si mise a gridare: "Basta! Basta!!". Dopo un po', molto lentamente, torno' a guardarsi intorno e rivide la campagna, risenti' la voce dei grilli. Da lontano vide il convento sulla sommita' della collina. Si alzo' in piedi e comincio' a camminare verso quella direzione. Mentre camminava si rese conto che Fra' Saverio aveva ragione. Soltanto adesso sentiva finalmente il peso salutare e salvifico di quell'ammonimento che era stato per lui come un violento schiaffo al proprio orgoglio. Egli aveva senz'altro bisogno di essere liberato da qualcosa che lo opprimeva da anni rendendolo infelice. Comincio' dunque a correre verso il convento come un assetato corre verso la fonte per non morire. Quando era ormai a pochi metri dal portone d'ingresso, qualcuno venne ad aprire per farlo entrare. Era un giovane frate che l'aveva visto arrivare da lontano. L'uomo, ansimante e sudato, non seppe dirgli nulla. Era stanco e nello stesso tempo agitato dalle nuove consapevolezze che si stavano facendo spazio con tanta forza nel suo cuore. Il giovane frate lo guardo' negli occhi, lo invito' a riprendere fiato, poi gli poso' dolcemente una mano sulla spalla e disse calmo e sereno: "Fra' Saverio ti sta aspettando".
Copyright ©Bruno Canale 2018 (Testo)