La nave non reggeva più le violente percosse del mare in tempesta e il Comandante comprese bene che oramai erano arrivati alla fine del viaggio. Una fine non prevista, non programmata, una fine voluta dal mare insofferente e urlante sotto un cielo greve di nubi. I passeggeri avvertivano distintamente il pericolo nonostante il personale di bordo cercasse invano di tranquillizzarli. L'orchestrina sul palco continuava a suonare motivetti allegri per allontanare la paura e rinfrancare gli animi, ma l'urlo cupo e minaccioso del vento era più forte della musica. Il Comandante si ricordò di una particolare disposizione che l'Armatore aveva lasciato per iscritto nel caso in cui vi fosse un reale pericolo di naufragio. L'Armatore aveva preteso addirittura che questa disposizione fosse inclusa nel regolamento di bordo e che fosse letta ad alta voce ai passeggeri e all'equipaggio poco prima che tutti abbandonassero la nave. Si recò dunque nella sua cabina per prendere il volumetto contenente le regole della navigazione, poi con gli altoparlanti fece radunare tutti gli ospiti e il personale nel salone ristorante per un comunicato urgente. Questo accrebbe ancor più l'agitazione dei passeggeri. Quando furono tutti nel salone egli li invitò alla calma, e un po' alla volta il vociare convulso diminuì. All'inizio il Comandante impartì le solite indicazioni sull'osservanza di alcune regole basilari per l'evacuazione della nave. Le sue parole pronunciate con una calma surreale sortirono l'effetto di raggelare i passeggeri. Il Comandante aggiunse che probabilmente non sarebbe accaduto nulla di grave ma era bene che ognuno sapesse come comportarsi senza lasciarsi prendere dal panico. I primi ad abbandonare la nave sarebbero stati i bambini. Fece anche sapere che aveva già fatto diramare l'S.O.S. e che un mercantile nelle vicinanze aveva già risposto alla richiesta d'aiuto. Finito il suo discorso chiese poi l'attenzione di tutti perché doveva leggere una parte importante del regolamento. Aprì dunque il piccolo libro che aveva tenuto fino a quel momento stretto in una mano e cercò la pagina. Prima di cominciare a leggere preannunciò che si trattava di una disposizione particolare dell'Armatore alla quale lui in qualità di Comandante aveva promesso di ottemperare. I passeggeri si posero silenziosamente in ascolto. Il Comandante iniziò la lettura. Dopo le prime parole spuntò addirittura un sorriso sulle labbra di alcuni, perché dal tenore solenne e un po' ieratico di ciò che stavano ascoltando sembrava che il regolamento di bordo si stesse improvvisamente trasformando in un libro di salmi. Anche il Comandante cominciava ad assumere l'aspetto di un pastore che predica con voce austera e paterna ad un'assemblea di fedeli. Quando giunse al punto cardine della lettura il sorriso ironico che era spuntato sulla faccia di alcuni si mutò presto in una smorfia di indignazione e sbigottimento. Con voce più ferma e scandendo bene le parole il Comandante annunciò: "Tutti coloro che stanno per abbandonare la nave facciano atto di contrizione e si pentano sinceramente dei loro peccati, desiderando che i propri peccati sprofondino per sempre negli abissi del mare al fine di cominciare una nuova vita rigenerata nella Luce del Signore. Soltanto così salveranno il corpo e l'anima, soltanto pregando e chiedendo perdono a Dio. In caso contrario, non salveranno né l'uno né l'altra". Dopo queste ultime parole l'indignazione e lo scalpore dei passeggeri esplosero in un urlo che superò come un boato il fragore delle onde. Non gridavano più per il panico ma urlavano allo scandalo. "Ma che cavolo è questa buffonata?! - domandò incollerito un uomo di mezza età vestito elegantemente - E lei signor Comandante, non si vergogna in un momento simile di leggerci queste insulsaggini? Siamo sul punto di morire e ci parlate di peccato e di pentimento? Fate atto voi di contrizione per non averci garantito un viaggio in perfetta sicurezza! Quando saremo a terra vi denuncerò ed esigerò un cospicuo risarcimento, e penso che molti altri seguiranno il mio esempio. Oltre al danno anche le beffe!" Un grande applauso e grida di "Bravo!" accolsero le parole infuocate di quel signore, ed altri si aggiunsero in una tumultuosa eco di accuse minacciose nei confronti della compagnia di navigazione. Il Comandante non diceva nulla. Rimase in silenzio investito dalla rabbia dei passeggeri e tenendo sempre il libro del regolamento stretto in una mano. "Si penta lei dei suoi peccati! - disse una signora in camicia di seta e gonna lunga - Lei che non ha saputo condurci a destinazione. Ma che razza di Comandante è? Io non le affiderei il canotto di mio figlio di dieci anni!" Una risata generale e fischi di disapprovazione all'indirizzo del Comandante seguirono a questo sarcastico apprezzamento della donna. Il Comandante disse soltanto: "L'Armatore mi ha dato disposizione di leggervi quello che vi ho letto. Ho solo fatto il mio dovere perché lavoro alle sue dipendenze. Ognuno reagisca come vuole". Detto ciò abbandonò la sala seguito da alcuni collaboratori. La sala piombò in un silenzio tetro. I passeggeri si guardarono l'un l'altro senza saper che dire e che fare. Fuori sembrava che nel frattempo il mare si fosse calmato. Alcuni osservarono che forse stavano esagerando con la paura e avevano sbagliato ad offendere il Comandante. In fondo lui aveva ragione, aveva fatto soltanto il suo dovere, perché prendersela con chi non c'entrava nulla? "Siamo tutti molto nervosi e agitati, è comprensibile, ma che senso ha in questo momento così drammatico sfogarsi con il Comandante? Penso che gli dobbiamo delle scuse." " Io non mi scuso con nessuno! - gridò l'uomo elegante che era insorto per primo - Non doveva azzardarsi a leggere quella buffonata che ci ha propinato con tanta leggerezza. Ci ha preso per stupidi? O siamo forse dei bambini a cui fare la predica?" "Già - commentò un altro passeggero che teneva per mano i due figli piccoli - Avete sentito? I bambini devono lasciare la nave per primi, ma penso che almeno a loro non sia richiesto alcun atto di contrizione". Intanto un gruppo di uomini e donne si era appartato in un angolo a pregare. "Ehi, guardate lì - disse un uomo anziano indicandoli - quelli hanno preso sul serio le parole del regolamento!" "Ma no, rispose un altro - li ho già visti pregare per tutto il viaggio, devono essere di qualche setta, o gruppo religioso" "E che ci fanno in crociera? Forse sono stati loro a portarci sfortuna!" Una nuova risata esplose trasformando quella drammatica riunione in un lieto convegno. Ma un boato coprì all'improvviso le parole e le risate. I passeggeri furono sospinti da una violenta sferzata che fece inclinare paurosamente la nave. Tutti corsero frenetici in più direzioni, confusamente, come palline impazzite. Delle istruzioni appena date per evacuare la nave nessuno ricordava più nulla. Tutti si precipitarono verso le scialuppe di salvataggio. I marinai erano già pronti ad imbarcare i primi gruppi. Mentre scappavano tenendo stretto a sé uno zaino o un borsone da viaggio con gli effetti personali che erano riusciti a raccogliere, i fuggiaschi ricordavano soltanto l'ultima parte del discorso del Comandante. Alcuni pur confusi dall'agitazione cominciarono a pregare e a implorare Dio di perdonarli, altri pensarono solo a mettere in salvo se stessi e i propri congiunti. Quelli che non pregavano si azzuffavano per contendersi un posto nelle scialuppe o soltanto per dare libero sfogo al parossismo della paura. Quelli che avevano pregato col cuore contrito riuscirono incredibilmente a trovare la via della salvezza. Onde alte come palazzi e violente come le percosse di un gigante investirono la nave ricoprendola di acqua e schiuma. Ormai la nave aveva l'aspetto di una montagna da cui fuoriuscivano cascate. Dopo alcuni minuti la montagna diventò una piccola collina. Sempre più piccola, più piccola, fino a scomparire in una voragine d'acqua che la inghiottì sprofondandola negli abissi del mare. I superstiti del naufragio furono presto raggiunti dal mercantile che aveva risposto all'S.O.S. lanciato dal Comandante. Soltanto quando furono tutti in salvo sul mercantile qualcuno si ricordò di lui. C'era chi giurava di averlo visto sul ponte di comando della nave con il libro del regolamento ancora stretto in una mano e alcuni fedeli collaboratori ancora al suo fianco, chi lo aveva visto andare a fondo mantenendo il suo contegno impassibile e austero, chi lo aveva visto nuotare non si sa verso dove e poi andare giù esausto. Tante altre cose furono dette su di lui, ma di sicuro si sapeva solo che non c'era più.
Dopo alcune settimane un gruppo di sopravvissuti al naufragio fu invitato a raccontare il drammatico evento in un programma televisivo. Essi raccontarono anche dell'invito alla preghiera comunicato a tutti i passeggeri poco prima della fine. Tutti gli intervistati, che fino ad allora non avevano mai avuto il coraggio di ammetterlo in pubblico, riconobbero di aver pregato anche negli ultimi spasmodici istanti della fuga, ed erano fermamente convinti che solo grazie alle loro preghiere avevano trovato la salvezza. Questo fatto incuriosì molto i giornalisti che cercarono l'Armatore per intervistarlo. Ma egli non volle farsi pubblicità su una simile tragedia. Inaspettatamente la sua società dopo il tragico naufragio vide aumentare notevolmente il proprio volume d'affari. Contrariamente a quanto si poteva immaginare tutti volevano andare in crociera sulle navi della sua flotta, che furono ribattezzate "le navi della preghiera". Erano convinti che in caso di pericolo si sarebbero salvati pregando, e questo li tranquillizzava. Anche se in vari ambienti laici e religiosi si discusse molto sulla sincerità o meno della preghiera in caso di pericolo, e se un ateo o i seguaci di altre religioni potessero sentirsi al sicuro su quelle navi, molte conversioni ebbero luogo in seguito a quel naufragio. Tante persone, nei mesi che seguirono, riscoprirono il genuino e fondamentale valore della preghiera anche lontano dal pericolo degli abissi, sulla terraferma e nelle consuete vicissitudini della vita quotidiana. I partecipanti alle crociere organizzate da quella compagnia volevano provare durante ogni viaggio l'emozione della preghiera comunitaria. Molti di loro dedicavano vari momenti della giornata alla preghiera preferendo addirittura rinunciare ai numerosi ed accattivanti intrattenimenti offerti su quelle navi.
DUE DOMANDE PER I LETTORI
Il racconto così paradossale che avete appena letto è in realtà un apologo sulla necessità e sull'efficacia della preghiera. Esso mi dà la possibilità di porre a voi lettori due domande. Trovandovi nella drammatica circostanza di un naufragio come quello del racconto vi mettereste a pregare nella speranza di un soccorso divino, o pensereste solo a cosa fare concretamente per salvare voi e i vostri cari? Quanti tra voi ritengono che la preghiera resti l'unico strumento potente ed efficace per trovare la salvezza in ogni sventura e naufragio della nostra vita?
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