giovedì 24 settembre 2020

LA PARTE MIGLIORE


Se solo avessimo la piena consapevolezza dell'importanza che il Signore ha dato alle nostre vite, del destino dell'anima, di come sia fondamentale preoccuparci dell'eternità che ci aspetta e non solo del presente, non ci occuperemmo più di nient'altro nella nostra vita che non sia il raggiungimento dell'eterna beatitudine nel Cielo. Ci comporteremmo tutti come la giovane Maria. Mentre la sorella Marta attendeva alle faccende domestiche lei non riusciva più a staccarsi da Gesù e lo ascoltava estasiata. Ma potrebbe esistere un mondo simile, un mondo in cui tutti si pongono in estatica contemplazione di Gesù Cristo e della Sua Parola? Questo mondo già esiste, ma non qui sulla Terra. Nel Regno di Dio vivremo tutti assorti in un'ininterrotta e felice contemplazione del Signore. Qui sulla Terra le quotidiane esigenze della carne, se pur lecite e naturali, ci distrarranno sempre dalla Luce della Verità. Gesù, ben consapevole della condizione umana, non deplora ma nemmeno loda l'efficienza di Marta, ineccepibile donna di casa che lo ascolta ma senza tralasciare i suoi ordinari impegni. 

"Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta." (Luca 10, 38-42)

Anche noi dunque dobbiamo scegliere la parte migliore della vita e del mondo, che è Gesù Cristo. In un altro momento del Vangelo Egli ha raccomandato ad ognuno di noi, con lo stesso tono con cui si rivolse a Marta: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta." (Mt. 6, 33). Cercare innanzitutto il Regno di Dio significa fare la volontà del Padre lasciando al Signore il tempo e la libertà di far sì che si compia, anche miracolosamente, la Sua volontà. Il torto di Marta non fu quello di non credere, fu quello di ritenere che le preoccupazioni materiali del quotidiano e la gestione delle faccende domestiche fossero più importanti della Parola di Cristo. Questo è l'errore di molti di noi: rendere marginale ciò che invece dovrebbe essere il centro di un'esistenza sana e votata alla salvezza. Dobbiamo ribaltare l'ordine delle cose, un ordine che in realtà è disordine, perché chiunque anteponga a Cristo le esigenze del mondo e quelle della carne sta rinunciando alla parte migliore. Sta rinunciando all'eternità.










Copyright © Bruno Canale 2020 (Testo) 

giovedì 3 settembre 2020

IL SILENZIO DI SAN GIUSEPPE



Molti fedeli si meravigliano del fatto che il divino sposo di Maria non pronunci alcuna parola in tutta la narrazione evangelica. Inoltre non viene riferito nulla riguardo alla sua morte; Giuseppe era già assente alle nozze di Cana e nemmeno sotto la Croce lo ritroviamo. Sappiamo soltanto che egli esce di scena non appena Gesù comincia a rivelarsi pubblicamente come il Figlio di Dio. Tutto questo ha indotto erroneamente alcuni a pensare che egli abbia un ruolo subalterno rispetto alla Vergine e a tutti gli altri personaggi del Nuovo Testamento. Il silenzio di Giuseppe ha lo stesso peso e la stessa profondità di una parola che viene dal cuore. Egli è destinatario di quella che potremmo chiamare la "seconda Annunciazione": l'angelo rivolge a lui lo stesso annuncio rivolto a Maria per renderlo consapevole dell'immenso privilegio ottenuto da Dio e per farlo desistere dal proposito di rifiutare l'unione sponsale con Lei. Noi tutti sappiamo che il Vangelo è un testo ispirato, anzi direi di più, "dettato" dallo Spirito Santo, non può esservi dunque alcuna omissione o dimenticanza da parte di chi lo ha scritto come non troveremo nelle Sue pagine alcuna ridondanza o parola che possa apparire superflua. Il silenzio di Giuseppe assume la stessa potenza divina del "Sì" di Maria. Il suo "Sì" si traduce nell'obbedienza di chi si assume volontariamente l'onere di una paternità legale e per questo motivo ancora più cosciente e responsabile. Ma la paternità di Giuseppe non è soltanto putativa, è spirituale. A differenza di Maria che pur "non avendo conosciuto uomo" accetta questa inattesa maternità stabilendo anche un legame carnale con Gesù, Giuseppe accetta di prendersi cura di quel Figlio che viene dal Cielo e non dalla sua carne. Egli è un uomo giusto, non ha il coraggio di ripudiare la sua promessa sposa sottoponendola al pubblico disprezzo. Pur con il cuore che possiamo immaginare straziato pensa di rinunciare per sempre al coronamento del suo grande amore. Ma il Signore attraverso l'annuncio dell'angelo lo invita a non aver paura e gli fa comprendere l'enorme importanza del compito che sta per affidargli. Giuseppe accetta ed è presente come padre educatore e protettivo solo nella prima parte della vita di Gesù, quella anteriore all'inizio della Sua predicazione e del Suo rivelarsi come il Cristo. È da quel momento che non sentiamo più parlare di lui. Il padre umano che Dio ha scelto su questa Terra doveva occuparsi soprattutto della formazione, della vita familiare, lavorativa e sociale di Gesù, perché a Maria spettava invece l'eroico e appassionato compito di accompagnare il divino Figlio fin sotto la Croce. Avete notato che la voce di Giuseppe non si sente nemmeno quando il piccolo Gesù sparisce per tre giorni a Gerusalemme? Nel momento in cui finalmente lo ritrovano non è Giuseppe a rimproverarlo bensì Maria. Egli lascia alla sua divina sposa il compito di redarguire dolcemente il bambino, perché nella sua infinita umiltà di padre chiamato da Dio non osa certo rimproverare Colui davanti al quale bisogna solo inginocchiarsi. Soltanto Maria, la Piena di Grazia, poteva avere questa autorità nei confronti del Verbo.










Copyright © Bruno Canale 2020 (Testo)