giovedì 21 aprile 2022

IL PRESEPE

 

Il Presepe secondo la tradizione si può tenere esposto dal giorno dell'Immacolata, 8 dicembre, fino al giorno in cui si celebra la Presentazione di Gesù al Tempio, il 2 febbraio (questa ricorrenza è conosciuta anche come "Festa della Candelora"). Naturalmente non si tratta di un precetto, dunque ognuno può scegliere liberamente di allestirlo e di smantellarlo quando gli pare. Tuttavia sappiamo che se non è comunemente condivisa la data del suo allestimento lo è senz'altro quella del giorno in cui viene messo via e riposto: il 7 gennaio. La fretta con cui ci si libera dagli addobbi natalizi e dal Presepe testimonia la voglia consumistica di congedarsi da un periodo di festa del quale forse non si è capita fino in fondo l'importanza. Alla frenesia dei preparativi, alla ressa nei negozi per gli acquisti, ai pantagruelici pranzi e cenoni, alla chiassosa allegria delle riunioni fra amici e parenti segue un'aria mesta da festa finita, quasi da "sospirato" ritorno alla normalità. Togliere di mezzo il Presepe la mattina del 7 gennaio rappresenta un doppio errore. Primo perché il Tempo di Natale non finisce il 6 gennaio ma dura fino alla Domenica successiva all'Epifania (Battesimo di Gesù), secondo perché come ho già fatto notare il Presepe si può tenere esposto fino al 2 febbraio. Tuttavia chi ama Gesù sa bene che non è soltanto una questione di date. Così come la data del 25 dicembre non deve essere necessariamente ritenuta "anagraficamente" corretta perché l'evento dell'Incarnazione prescinde il tempo del mondo, allo stesso modo il Presepe che ci ricorda visivamente questo meraviglioso evento può non essere vincolato a un determinato periodo dell'anno. In quella grotta di Betlemme noi abbiamo trovato il senso della vita, il germoglio della Verità, il primo nucleo di una Luce che ancora irradia il mondo. Il Presepe, quell'oggetto vivo e luminoso che fa risplendere la casa nei giorni di festa, quel popolo di statuine che sembrano davvero muoversi e respirare e che tanta delizia procurano ai bambini e riempiono di grazia e intensa commozione il cuore degli adulti, rappresenta ciò che dobbiamo conoscere ed amare per capire il senso della nostra esistenza. Anche noi siamo nati dal grembo di una donna e abbiamo avuto un padre e una madre che ci hanno amato, ecco perché Dio è venuto nel mondo come uno di noi, per farci capire che Lui è il senso ultimo di ogni cosa e che anche noi facciamo parte del senso divino della vita. Alla luce di questa consapevolezza noi potremmo tenere il Presepe esposto tutto l'anno come un oggetto dal valore sacro, come un'immagine in cornice della Natività, o di Maria, o di Nostro Signore Gesù Cristo di fronte alla quale preghiamo. Se nel Tempo di Natale ci raccogliamo in preghiera davanti al Presepe, compreso il dolce e solenne momento in cui deponiamo il divino Bambino nella mangiatoia, non dovremmo desiderare di liberare così presto la casa da un simbolo ricolmo di tanta Luce, di tanto Amore, di Verità eterna e di sublime poesia dell'anima.






Copyright© Bruno Canale 2022 (Testo) 

domenica 16 gennaio 2022

IL CILIEGIO



Un contadino possedeva un magnifico ciliegio. Era l'orgoglio della sua terra. Tutti quelli che passavano sulla strada accanto alla proprietà del contadino ne restavano ammirati. Quando era il tempo della fioritura la campagna tutt'intorno sembrava sorridere compiaciuta davanti a una esplosione così gioiosa di petali rosa. Il contadino raccoglieva insieme a due lavoranti le ciliegie turgide che l'albero produceva in generosa abbondanza. Quelle ciliegie erano profumate e riempivano la bocca con un succo che tingeva le labbra di rosso vivo. Sul banco del mercato le ciliegie del contadino si distinguevano da tutte le altre per il loro colore sanguigno, talmente intenso da sembrare finto. Eppure egli non era felice. Aveva perso la moglie già da molti anni, e i suoi tre figli da tempo non vivevano più con lui poiché avevano preferito emigrare all'estero. Viveva dunque solo ma continuava a coltivare la terra, spinto dalla caparbia volontà di non arrendersi alla vecchiaia e consapevole di non poter fare altro ormai per riempire le sue giornate. Il parroco sognava di vederlo in chiesa durante la Messa, ma il contadino, ormai anziano e senza più sogni né speranze, ripeteva sempre di non voler credere in un Dio che gli aveva causato tante sofferenze e lo aveva lasciato senza i suoi affetti. Quando il sacerdote passava accanto alla sua terra restava incantato a guardare il magnifico ciliegio che esplodeva di frutti. Fu proprio il ciliegio a suggerirgli una riflessione che espose durante l'omelia della Messa domenicale. Commentando il passo del Vangelo in cui Gesù parla dei gigli dei campi e degli uccelli nel cielo, parlò del ciliegio del contadino e disse: "C'è più fede in quel ciliegio che in tanta gente di mia conoscenza. I meravigliosi frutti che ci regala sono il segno della sua lode al Signore". Qualcuno andò a riferire al contadino le parole del parroco. Egli ne fu assai indispettito e una sera, prima di andare a letto, si avvicinò al ciliegio e guardandolo con astio disse:" Questa notte recita le tue ultime preghiere perché domani ti abbatterò, e con il tuo legno farò fabbricare dei mobili che metterò in vendita. Hai paura forse? La tua fede ti aiuterà a trovare il coraggio!"
Durante la notte il contadino fece un sogno. Si trovava nella sua terra e il cielo era grigio come se stesse per arrivare un violento temporale. Egli vide la moglie defunta. Stava in piedi a pochi metri da lui e aveva un'espressione triste. Lui la chiamò ma lei, senza rispondergli, gli indicò qualcosa sollevando un braccio. Il contadino guardò nella direzione che la moglie gli indicava. Nel posto dove si trovava il ciliegio l'albero non c'era più ma c'era qualcuno seduto sulla base del tronco ormai reciso. Un uomo. Il contadino si avvicinò e lo riconobbe. Era Gesù. "Dov'è il mio ciliegio?" gli chiese. Gesù rispose: "Non avevi deciso di abbatterlo? Domani, quando non ci sarà più, conserverai il suo tronco e lo utilizzerai per far scolpire un grande Crocifisso che regalerai alla vostra chiesa. Dirai inoltre al parroco di porre il Crocifisso dietro l'altare." Prima che il contadino potesse rispondergli qualcosa un terribile fragore lo svegliò. Era scoppiato un forte temporale e tuoni spaventosi facevano tremare i vetri della casa mentre fulmini abbaglianti illuminavano a giorno la campagna.


Il mattino seguente uno dei due lavoranti che lo aiutavano nella terra andò a svegliare il vecchio bussando forte al portone della casa e chiamandolo agitato. Il contadino scese dal letto e ancora in pigiama raggiunse il lavorante che, con grande concitazione, lo pregò di seguirlo perché doveva mostrargli una cosa. In mezzo alla terra ancora fradicia della pioggia notturna, il ciliegio giaceva spezzato in due. Un fulmine lo aveva abbattuto. Non appena lo vide il vecchio contadino si pentì di averlo voluto abbattere e visse questo evento come una meritata punizione. Poi ricordò il sogno che aveva fatto. Ricordò le parole di Gesù seduto sulla base del tronco. Aveva detto di far scolpire un Crocifisso da regalare al parroco per farlo mettere dietro l’altare. Lui regalare un Crocifisso al parroco? Ma se erano anni che non metteva piede in una chiesa! Lo sapevano tutti che non credeva in Dio. Ai lavoranti non disse nulla del sogno che aveva fatto e ordinò loro di sfrondare subito il ciliegio perché aveva intenzione di venderne il legno.

La notte seguente sognò di nuovo Gesù. Stava sempre seduto sulla base del ciliegio ma stavolta lo guardava severamente. "Perché vuoi vendere il legno del tronco? - gli domandò - Ti ho detto che cosa devi farne. Perché non vuoi obbedirmi?" Al risveglio il contadino si sentì molto turbato da questo secondo sogno. Pur continuando a pensare che si trattasse solo di una costruzione della sua mente, decise di fare come gli era stato ordinato.
La notizia fece subito il giro del paese. Tutti seppero che il vecchio contadino blasfemo e senza Dio aveva commissionato a un giovane artista del luogo una scultura che doveva raffigurare un soggetto sacro. La gente si rammaricava della triste fine che aveva fatto il ciliegio. Nessuno lo avrebbe più visto ergersi fiero in mezzo alla campagna e i suoi meravigliosi frutti non avrebbero più allietato le loro tavole, ma il dispiacere era stemperato dalla curiosità che il gesto del vecchio stava suscitando in tutti. Quando il parroco venne a saperlo si rallegrò e non riuscì a nascondere la sua speranza che il Signore avesse finalmente trovato un varco nel cuore di quell'uomo.

Il giorno in cui il Crocifisso fu pronto il contadino incaricò i due lavoranti di andarlo a ritirare e di consegnarlo direttamente al parroco riferendogli di farlo collocare dietro l'altare. Il parroco fu felice di ricevere quella bella scultura, ma si dispiacque che non fosse venuto il contadino in persona a consegnargliela. Decise così di andare a fargli visita per ringraziarlo personalmente. Quando il contadino vide dalla finestra il sacerdote che avanzava verso la sua casa, si affacciò furente e cominciò a urlare: "Che cosa ci venite a fare da me? Non vi basta il Crocifisso? Venite a chiedere offerte? Non riuscirete mai a portarmi in chiesa per sentire le sciocchezze che predicate! Io ho perso tutto, anche il mio ciliegio! Godetevelo voi adesso!" Pronunciate queste parole con una rabbia che sapeva di pianto richiuse bruscamente la finestra. La notte seguente fu molto agitata. Sognò di nuovo Gesù ma stavolta non era seduto sulla base del ciliegio. Si trovava in piedi davanti al suo letto e gli disse: "Perché non hai voluto accogliermi? Ero venuto a ringraziarti per il regalo che mi hai fatto ma tu mi hai cacciato via. Se vuoi recuperare quello che hai perso va' domani stesso dal parroco per confessarti, e durante la Confessione gli racconterai di avermi sognato e di ciò che ti ho chiesto. Domani lo farai!".
Al mattino, quando si svegliò, il vecchio meditò su ogni parola ascoltata durante il sogno. Non essendo ancora convinto che a parlargli fosse davvero Gesù, provò grande rabbia e fastidio all'idea di doversi confessare, cosa che aveva dovuto fare controvoglia l'ultima volta il giorno prima del matrimonio. Da allora non si era mai più avvicinato a un confessionale. Poi ricordò che cos'altro gli era stato detto: "Se vuoi recuperare quello che hai perso va' domani stesso dal parroco per confessarti". Mentre ripensava a queste parole si affacciò dalla finestra e guardò la base del ciliegio distrutto dal fulmine. Istintivamente volse lo sguardo verso il cielo e disse ad alta voce, con tono di sfida: "Oggi andrò a confessarmi ma tu fammi ricrescere il ciliegio, me l'hai promesso! Hai promesso di ridarmi ciò che ho perso. Questa sarà la prova che sei stato davvero tu a parlarmi nel sogno".
Mentre camminava verso la chiesa i compaesani che lo incontravano si fermavano a guardarlo stupiti e lo seguivano con gli occhi per capire dove si stesse dirigendo. Tanto stupore era giustificato dal fatto che il vecchio, da quando aveva perso il ciliegio, non usciva più dai confini della sua proprietà. Qualcuno cominciò ad andargli dietro, e un po’ alla volta se ne aggiunsero altri finché non si formò un piccolo corteo di curiosi che procedeva dietro di lui silenziosamente. Il vecchio non sembrò accorgersene. Continuava a camminare tenendo lo sguardo fisso in avanti e conservando sul viso un’espressione torva come se stesse andando a regolare un conto in sospeso con qualcuno.
Quando entrò in chiesa il corteo di curiosi si fermò in attesa davanti al sagrato. Passò circa mezz'ora prima che il vecchio uscisse di lì. Quando finalmente venne fuori e discese le scale del sagrato, i curiosi che si erano radunati nella piazza fecero finta di nulla e si misero a parlare tra di loro. Il vecchio li guardò abbozzando un sorriso beffardo e poi disse: "Il parroco sta bene, non vi preoccupate. Non gli ho fatto troppo male." Detto ciò passò in mezzo alla gente senza dire più nulla e si avviò verso casa.

Nei giorni che seguirono egli cominciava già dal mattino, appena sveglio, a controllare se il ciliegio stesse ricrescendo. Sebbene gli sembrasse una pretesa assurda si sentiva in diritto di aspettarsi un miracolo del genere da Colui che lo aveva spinto a confessarsi e a rimettere piede in chiesa. Ma ogni giorno rimaneva puntualmente deluso nel guardare la base del ciliegio che gli appariva solo come segno di cosa morta e di speranza vana. Una mattina, mentre per l'ennesima volta cercava di intravedere anche un solo rametto nuovo che fosse presagio di un'impossibile rinascita, si sentì chiamare da una voce familiare. Sporgendosi dalla finestra vide due uomini che si sbracciavano a salutarlo. Guardò meglio chiudendo e riaprendo gli occhi più volte. Li riconobbe. Erano i suoi figli! Erano due dei suoi figli che lavoravano all'estero. Fu stupito e felice di vederli e scese giù in fretta per correre ad abbracciarli. Si abbracciarono a lungo tutt’e tre, poi salirono in casa. Il padre si sforzò di non piangere e chiese ai figli come mai fossero ritornati così all'improvviso. I due spiegarono che l'azienda in cui lavoravano aveva dovuto licenziare diversi dipendenti e purtroppo era toccato anche a loro di essere cacciati. "E Alfredo?" chiese il padre. Alfredo era il figlio maggiore. Era stato il primo ad emigrare ed era soddisfatto del lavoro che aveva trovato in quell’azienda, pur avendo ancora parecchie difficoltà ad esprimersi nella lingua del posto. Da lì aveva chiamato i due fratelli dicendo che la sistemazione era sicura e il lavoro assai redditizio. "Anche lui è stato licenziato - disse uno dei due -ma si vergogna di tornare perché si sente responsabile nei nostri confronti e anche verso di te. Tu però non ti preoccupare papà, vedrai che tornerà anche lui. Lo sai come è fatto Alfredo, è sempre stato molto orgoglioso e il suo orgoglio lo fa sentire in colpa". "Adesso siamo qui papà - disse l'altro - e resteremo con te per ricominciare tutti insieme! Forse è giusto che sia andata così. Ti chiediamo scusa per averti abbandonato ma da oggi in poi resteremo sempre qui, ci rimboccheremo le maniche e lavoreremo insieme a te come una volta. Anche Alfredo ci raggiungerà. La mamma sarebbe felice di vederci di nuovo tutti insieme!". Il vecchio contadino guardò verso la finestra da cui ogni giorno si affacciava per soddisfare l’assurda pretesa di veder resuscitare il ciliegio. Sentì una nuova luce invadergli il cuore. Adesso cominciava a capire quale fosse l'immenso dono che il Signore aveva deciso di fargli. Pregò in silenzio che anche l'altro figlio tornasse al più presto e sentì il bisogno di pronunciare un immenso GRAZIE con la voce dell'anima. "Papà - disse uno dei due figli interrompendo i suoi pensieri - ma che fine ha fatto il ciliegio? Come mai non c'è più?". Il contadino sorrise e rispose: "Il ciliegio è andato in chiesa". I due figli si guardarono meravigliati perché non avevano capito il senso di quella frase. Egli li guardò sorridendo e aggiunse: "Adesso ci andiamo anche noi. Lì c'è un amico che ci aspetta. Troppo tempo l'ho fatto aspettare. Sarà felice di vederci tutti insieme." Mentre si incamminava con loro due sulla strada che conduceva verso la chiesa, il contadino capì che il Signore aveva mantenuto la sua promessa. Quel giorno gli aveva fatto ritrovare la cosa più preziosa della sua vita, l’incomparabile tesoro che il tempo gli aveva portato via e che ormai pensava di aver perduto per sempre: l’amore e la vicinanza dei suoi figli.





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