La parabola del figliol prodigo ci offre, come diamante dalle infinite sfaccettature, un altro spunto di riflessione. Come sappiamo il fratello maggiore rifiuta di entrare in casa mentre è in corso la festa che il padre ha voluto dare in onore del figlio ritrovato. Il padre allora, dispiaciuto del fatto che egli non voglia condividere la gioia della loro casa, abbandona la festa ed esce per andarlo a chiamare. Egli prega il figlio di entrare ma quello, adombrato e offeso, rinfaccia al padre di non avergli mai dato nemmeno un capretto per fare festa con gli amici, mentre adesso ha fatto ammazzare il vitello grasso per quell'altro che ha dissipato tutti i suoi averi con le prostitute. A questo punto notiamo già qualcosa di incongruente nel comportamento del figlio maggiore. Egli si lamenta di non aver mai potuto fare festa e intanto non vuole partecipare alla grande festa che si sta svolgendo in casa sua. Nella metafora evangelica sappiamo che quella casa è il Paradiso, perché per ogni peccatore tornato al Cuore di Dio si fa festa grande nella Sua Casa. Cos'è che impedisce al figlio "saggio" e "fedele" di entrare e partecipare allo stesso gaudio e letizia del padre e del fratello? L'orgoglio, l'invidia, la superbia. Egli desiderava un festeggiamento tutto per lui. Il padre si è addirittura scomodato ad uscire di casa per andargli incontro e "pregarlo" di entrare, ma lui nonostante ciò si rifiuta perché è accecato dal proprio egoismo. Non è forse questo che il Signore ha fatto con tutta l'umanità? Egli si è incarnato, è uscito dalla propria Casa, è venuto incontro ai figli qui nel mondo per invitarli ad entrare nel Suo Regno, ma non tutti i figli hanno accettato l'invito. Questo Padre amorevole e misericordioso è venuto nel mondo anche per insegnare ad amarsi e a rispettarsi vicendevolmente, a gioire l'uno per la felicità dell'altro, a soccorrersi, a compatirsi, a perdonarsi reciprocamente. È tutto questo che il padre cerca di far capire al figlio maggiore, perché anche noi dobbiamo fare festa per i nostri fratelli perduti e ritrovati. Gesù non ci racconta il finale della parabola, per questo non sappiamo se il fratello del figliol prodigo scioglierà finalmente il suo cuore indurito dall'orgoglio ed entrerà in casa. Ed è forse proprio nella parte non raccontata della parabola che Gesù lascia alla nostra coscienza la risposta. Penso che tutti noi dovremmo identificarci non nel figliol prodigo ma nel suo fratello così ostile e resistente all'amore divino. Il Signore porge a tutti l'invito ad entrare nel Suo Regno, ma noi come abbiamo risposto a questo invito? Se sappiamo che in questo Regno troveremo anche i fratelli che abbiamo giudicato male nel mondo, i fratelli con cui non abbiamo mai voluto spartire nulla perché ritenevamo che fossero peggiori di noi, accettiamo lo stesso l'invito? Per entrare nel Regno di Dio bisogna prima imparare ad amare e a perdonare. La porta di questa Casa è aperta a tutti ma non tutti vogliono entrarci. Che cosa dice il padre al figlio orgoglioso? "Tutto ciò che è mio è tuo". Il Signore ha condiviso con noi ogni Suo bene, ma non tutti vogliono godere di questo bene, non tutti vogliono partecipare a quella festa perpetua che è la vita nel Paradiso.
Copyright © Bruno Canale 2020 (Testo)